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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2010 alle ore 08:08.
Prima tartaruga. E adesso gambero. Nel 2010 gli indici Euribor – che esprimono il tasso a cui le banche si prestano capitali, noti agli italiani soprattutto perché è su questi parametri che si calcolano le rate dei mutui a tasso variabile – procedono con passo schizofrenico. Da marzo a ottobre le scadenze a uno e tre mesi (quelle che interessano di più i mutuatari) sono salite in modo ininterrotto, a piccoli passi. Il 19 ottobre l'indice trimestrale ha superato la soglia dell'1 per cento. Poi ha continuato fino al 1,05% (il mensile fino allo 0,825%).
Da metà novembre, però, dopo sette mesi di rialzi, gli indici si sono fermati, quando non scesi (giovedì l'Euribor a tre mesi è sceso all'1,045%, il mensile allo 0,81%). Come mai? Secondo gli operatori la frenata riflette l'ampia liquidità in circolazione. In sostanza gli istituti di credito in questo momento non pagano cifre elevate per chiedere/prestare capitali.
È quindi finita la mini-corsa? Per cercare di intercettare la direzione degli indici (e, a ruota, delle rate dei mutui variabili) proviamo a guardare le previsioni sull'andamento del trimestrale attraverso i contratti future, come nel grafico a fianco.
Al netto di stravolgimenti macroeconomici, i dati "vedono" l'Euribor a tre mesi all'1,6% a fine 2011, all'1,97% a fine 2012, al 2,51% a fine 2013. A settembre 2014 dovrebbe attestarsi al 2,8 per cento. Quindi, considerati anche stabili gli spread applicati, ci si aspetta un lento, ma inevitabile, rialzo a fronte di una lenta ripresa economica (che dovrebbe spingere all'insù inflazione e costo del denaro). Allo stesso tempo, questi contratti ci dicono anche che nei prossimi tre-quattro anni le rate di un mutuo a tasso variabile stipulato oggi, resteranno (salvo una nuova crisi interbancaria come quella dell'autunno 2008 per il crack di Lehman Brothers), sotto la soglia del miglior fisso di oggi. (V.L.)
vito.lops@ilsole24ore.com
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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