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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2010 alle ore 07:13.

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Un'agenzia di stampa e alcuni siti d'informazione rilanciano oggi un'indagine di Bankitalia su mutui e famiglie. Di seguito ripubblichiamo l'articolo del Sole24Ore sulla ricerca in questione, pubblicato il 30 novembre.

L'aumento di un punto percentuale della probabilità che una famiglia smetta di pagare le rate del mutuo spinge le banche italiane ad innalzare il tasso di interesse di 25 punti base (cioè dello 0,25%). Il premio richiesto dai finanziatori per il rischio di credito è venuto crescendo nel tempo: al livello attuale, relativo ai mutui accesi negli anni 2004-2007 si è arrivati partendo dai 15 punti del decennio 1985-1994, ai 17 degli anni 1995-1999 (periodo per il quale l'aggravio del tasso di interesse era di 38 punti base), ai 22 del 2000-2003. Più aumenta il rischio di credito minori sono le possibilità di ottenere un mutuo e, quando lo si ottiene, più elevato è il tasso di interesse da pagare. Se, e a che prezzo, concedere un mutuo ad una famiglia o ad una singola persona dipende da come la banca valuta il suo merito creditizio, cioè la sua capacità di adempiere agli impegni contrattuali assunti ed al rischio che essa possa modificarsi nel tempo.

Una ricerca della Banca d'Italia - Silvia Magri e Raffaello Pico, The rise of risk-based pricing of mortgage interest rate in Italy, (l'incremento dell'uso di politiche di prezzo basate sul rischio per i mutui in Italia), Temi di discussione n. 778, ottobre 2010 – utilizza l'archivio statistico Eurostat sul reddito e le condizioni di vita (EU-Silc) per mettere a confronto il rischio di credito, dopo due anni dalla sua accensione, relativo alle famiglie italiane con quelle di Finlandia, Francia, Irlanda, Spagna, Olanda e Regno Unito che hanno sottoscritto un mutuo nel 2005-2007; nel complesso sono state considerate circa 80 mila famiglie. Per l'Italia lo studio si sofferma anche sui prezzi dei mutui in relazione al loro rischio: una possibilità offerta dall'estensione, a questa problematica, della rilevazione EU-Silc fatta dal nostro istituto nazionale di statistica.

In Italia il rischio di credito (che la ricerca approssima alla probabilità stimata di non rimborsare il mutuo alle scadenze previste dal contratto) interessa circa una famiglia ogni venti sottoscrittrici di un mutuo: una quota superata leggermente solo dalla Spagna; percentuale di circa 5 volte superiore di quella rilevata per l'Olanda e di un ordine di grandezza del doppio rispetto ai restanti paesi. Differenze tanto rilevanti possono dipendere da una pluralità di cause. Difficile stabilire, per esempio, una relazione univoca tra la probabilità di inadempimento da parte dei mutuatari e la percentuale del totale delle famiglie di un paese che ha accesso un mutuo, considerando tale percentuale influenzata anche dal grado di severità con cui le banche valutano il merito di credito dei mutuatari.

In Italia le famiglie con un mutuo risultano il 13,1% del totale, cioè la metà di quanto si registra in Francia ed in Irlanda e ancor meno che nei restanti paesi. Poiché la valutazione del merito creditizio in Italia risulta assolvere una funzione più selettiva dei mutuatari che altrove, ci si attenderebbe che la probabilità di inadempimento qui non fosse quella elevata rilevata ma inferiore che altrove. Sulle possibilità di rispettare gli impegni contrattuali incidono anche le caratteristiche delle famiglie. La ricerca analizza l'influenza sul rischio di credito di una serie di variabili della famiglia: la sua collocazione nella distribuzione del reddito, la dimensione, la tipologia, l'età del capo e il suo status lavorativo. Ognuna di queste variabili è considerata isolatamente.

In ogni paese l'effetto prodotto da ognuna di esse fa storia a sé. Relativamente all'età del mutuatario, per esempio, in Italia la più elevata probabilità di inadempienza è registrata nelle classi di età 45-54 anni (con il 6,1%) e 35-44 (con il 5,8%), mentre in Francia le banche corrono il rischio relativamente più elevato prestando a chi ha meno di 35 anni ed in Irlanda a chi ne ha più di 64. Per il peso che a questa variabile può essere attributo nel concorrere alla probabilità complessiva di inadempienza, la composizione dei mutuatari italiani deve vedere una rilevante presenza di soggetti appartenenti alle classi di età centrali.

La ricerca documenta per tutti i paesi la relazione inversa tra reddito familiare e probabilità di ritardare il pagamento delle rate: in Italia questa eventualità può ricorrere per il 14,5% dei nuclei collocati nel prima quartile della distribuzione del reddito e si riduce al 2,1% per chi è nella quarta; opposto è l'impatto delle dimensione familiare: con il suo crescere aumenta la probabilità di saltare qualche rata.

Una parte della ricerca si sofferma, solo per l'Italia, per la quale i dispone dei dati, sulla correlazione tra il rischio di credito e il tasso di interesse applicato al mutuo. I mutui del periodo esaminato (1985-2007) sono stati distribuiti in quartili sulla base della probabilità di inadempienza. Per l'intero periodo la differenza dei tassi di interesse applicati ai mutui meno rischiosi e quelli applicati ai più rischiosi è stata di 31 punti base; in termini è stata del 6%. Il costo del rischio è cresciuto nel tempo passando da 31 punti base per i mutui del periodo 1985-1994 ai 50 per quelli del periodo 2004-2007; in quest'ultimo periodo tra mutui meno e quelli più rischiosi il tasso di interesse applicato differisce dell'11%.

http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/temidi/td10/td778_10/td_778_10

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