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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2010 alle ore 11:01.

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Cosa è cambiato oggi nel lusso? «La percezione del valore» risponde convinto Stefano Ferro, amministratore delegato di B&B Italia dal novembre scorso. E aggiunge: «Questo significa che il lusso si sta trasformando, sta tornando a pensare agli specialisti, a guardare alle specializzazioni delle aziende o alla loro storia e quindi al valore di scambio dei prodotti offerti. Si torna ai fondamentali, ai chiodi, alle viti, ai bulloni».

La storia, alla B&B Italia, non manca: fondata da Piero Ambrogio Busnelli nel 1966, come azienda di imbottiti, a Novedrate, in Brianza, l'azienda ha lavorato con i maggiori architetti, lasciando un segno importante nella storia del design italiano. Oggi, come singolo marchio, è la più grande delle aziende italiane. Nel 2002 la famiglia Busnelli ha ceduto il controllo (55%) al fondo Opera (di cui Bulgari è uno dei soci): l'obiettivo era arrivare in breve alla quotazione in Borsa, ma per ora l'occasione non è arrivata.
La crisi dello scorso anno ha pesato: il fatturato globale 2009 si è ridotto del 18% (nel 2008 era stato di 210 milioni), ma «c'è di buono che è stato fatto un grande lavoro sui costi, per cui la redditività è rimasta uguale» spiega Ferro, un passato in BTicino, poi Bally, Gft e Malo. Nel mondo di B&B ci sono anche la collezione Maxalto (coordinata dall'architetto Antonio Citterio) e il 50% di Moooi, il marchio fondato dal grande designer olandese Marcel Wanders, poetico ed eclettico.
Il fatturato di B&B è realizzato in Italia solo per il 20% circa, l'80% viene dall'estero, mentre il contract, cioè le grandi forniture soprattutto per le navi, rappresenta un terzo dei ricavi.

«Gli Stati Uniti sono per noi il primo mercato al mondo, siamo lì dal 1970 – spiega l'a.d. – e oggi abbiamo due negozi monomarca, gestiti direttamente, a New York e a Chicago. Altri punti vendita a Miami, San Francisco e Los Angeles sono in franchising. In tutto sono 30 i monomarca nel mondo, più altri due appena aperti a Parigi e a Roma. Poi c'è la nostra base operativa a Londra, molto importante per i progetti internazionali: tra i nuovi mercati ora stiamo guardando con attenzione al Qatar».
Ma superare l'impasse della recente crisi non è semplice per nessuno. «L'anno scorso – ricorda Ferro – abbiamo continuato a investire in nuove tecnologie produttive, abbiamo speso più di 4 milioni di euro per un secondo impianto per la schiumatura del poliuretano. Produciamo tutto in Italia, anzi tutto nell'arco di 20 chilometri da Novedrate; solo i mobili per esterni li facciamo fare in Indonesia. Il made in Italy ci consente di sviluppare l'innovazione perché qui ci sono le capacità produttive per farlo. Ora stiamo lavorando molto sui tessuti e sulle palette dei colori. Sembra una banalità, ma costa milioni. Comunque, se vuoi essere innovativo devi investire. E devi farlo adesso».
Ma soprattutto devi guardare avanti, capire come cambierà il mondo. La casa, sostiene Ferro, «è tra le cose che più saranno soggette ad evoluzione, sarà il luogo dove tutti i sistemi cambiano. In Giappone c'è chi sta facendo molta ricerca sul concetto di cucina, che è l'ambiente su cui lo sviluppo tecnologico avrà un impatto enorme, ma non l'unico (basti pensare alla domotica). La vera sfida sarà proprio riuscire a cogliere le diverse direttrici, che si intersecano nella casa. Finora le aziende del mobile non ne avevano avuto bisogno».

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