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Finanza e Mercati In primo piano

Ecco i beneficiari dei 3.300 miliardi di aiuti anti-crisi della Fed, ci sono anche due banche italiane

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2010 alle ore 15:36.

Dalla Fed oltre mille miliardi alle banche britanniche (di Nicol Degli Innocenti)

La scadenza imposta dalla Legge Dodd-Frank approvata quest'estate, nell'ambito della complessa riforma finanziaria varata dall'amministrazione Obama, è il primo dicembre 2010. La Federal Reserve ha quindi pubblicato i nomi dei beneficiari dei 3 mila e 300 miliardi di dollari sborsati in questi anni per aiutare banche e imprese a far fronte alla crisi tra il 2007 e il 2010. Sul sito ci sono i dettagli di 21mila transazioni nell'ambito dei piani di intervento messi in atto dal primo dicembre 2007 al 21 luglio 2010 per stabilizzare i mercati.

Nello specifico la pubblicazione è attuata in base al Dodd-Frank Wall Street reform and consumer protection act, che impone alla banca centrale questo atto di trasparenza. Dallo scoppio della crisi finanziaria con il fallimento della Lehman Brothers, la Banca centrale americana, normalmente prestatore di ultima istanza, è intervenuta per garantire fondi alle società alle prese con una gigantesca crisi di liquidità.

I beneficiari sono stati soprattutto le banche. Ma non mancano anche altre società come General Electric, Chrysler o il colosso dei fast food McDonald. Ci sono poi diverse sussidiarie americane di società europee. Tra queste anche le due maggiori banche italiane Unicredit e Intesa Sanpaolo i cui nomi compaiono nelle statistiche del Term Auction facility. Si tratta di un programma, istituito a dicembre 2007, con cui la Fed presta a breve termine (da uno a tre mesi) soldi a tassi agevolati garantendo anonimato a chi se ne serve (scarica qui le statistiche).

La sussidiaria di New York di UniCredit ha usufruito 24 volte di questo canale per un totale di prestiti che ammonta a 62 miliardi e 210 milioni di dollari ad un tasso d'interesse che, con l'eccezione delle prime due operazioni del 4 e 23 dicembre 2008, è pari allo 0,25%. Tra i collaterali presentati a garanzia non c'è traccia di titoli tossici. Sono soprattutto «commercial loans» (mutui commerciali) e «international securities». Più contenuto il prestito chiesto dalla Intesa San Paolo di New York, che il 20 dicembre del 2007 ha chiesto un prestito da 5,9 milioni di dollari a un tasso d'interesse del 4,65%. Le somme sono già state restituite per intero.

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Sono diverse le banche europee che hanno attinto a questo canale. Barclays, attraverso varie sue sussidiarie, ha chiesto prestiti per un totale di 232 miliardi di dollari. La banca ha acquistato diverse divisioni di Lehman Brothers. Nella top ten dei beneficiari di questo programma ci sono anche Bank of Scotland, Rbs, le francesi Societé Géneralé, le tedesche Dresden e Bayerische Landensbank e la belga Dexia.

Tra i vari programmi messi in atto dalla Fed ci sono poi quelli per l'acquisto di titoli tossici come i mortgage backed securities (titoli garantiti da mutui). Il programma è stato avviato dalla Fed a gennaio 2009 con l'obiettivo è quello di rivitalizzare il mercato immobiliare e immettere liquidità nel sistema. L'ammontare messo a disposizione è pari a mille e 25 miliardi di dollari. Nelle statistiche le società più attive risultano essere due banche non americane: Deutsche Bank e Credit Suisse.

Un altro programma è il primary dealer credit facility, adottato dalla Fed il 17 marzo 2008. Solo nel mese di ottobre 2008, con i mercati in tempesta per il fallimento di Lehman Brothers, Goldman Sachs chiese in prestito 24 miliardi di dollari. Complessivamente la banca ha usato questo canale 84 volte per un totale di quasi 600 miliardi di dollari. La banca che più ha attinto a questo canale è Citigroup. La divisione global markets ha chiesto l'astronomica cifra di mille e 756 miliardi di dollari a cui si devono aggiungere 256 miliardi e 900 milioni chiesti dalla sussidiaria con base a Londra.

Nella lista della Fed si trova anche Banca Centrale Europea, che aveva fatto ricorso ai programmi di swap in dollari complessivamente 271 volte dal dicembre 2007 fino, più di recente, utilizzati durante la crisi di debito in Europa.

«La partecipazione a questi programmi - scrive la Fed nel comunicato in cui presenta i dati - riflette la gravità della situazione dei mercati finanziari durante la crisi e non la debolezza finanziaria di chi se ne serve».

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