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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2010 alle ore 16:55.

«Abbiamo abbastanza materiale da far dimettere i vertici delle maggiori banche americane». Julian Assange, fondatore di Wikileaks, lo ha dichiarato recentemente confermando l'intenzione, espressa nelle scorse settimane, di aprire un nuovo corposo capitolo di rivelazioni: quello sulle grandi banche di Wall Street.
Bofa nel mirino di Wikileaks
Per ora non è stato fatto alcun nome anche se i media hanno citato Bank of America. In un'intervista del 2009 infatti lo stesso Assange aveva detto di essere in possesso di un hard disck da 5 gigabyte di proprietà di un manager di Bofa. Per tutta risposta la banca ha deciso di bloccare bonifici e altre transazioni in favore di Wikileaks, o altri soggetti che fanno riferimento al sito. «Chiunque ami la libertà dovrebbe chiudere il proprio conto a Bank of America», hanno risposto via Twitter i soci di Assange.
Registrati 439 siti offensivi
Raccontare questa storia è utile alla luce di una curiosa operazione, svelata dal sito specializzato Domain Name Wire, messa in atto dalla società. Nei giorni scorsi Bank of America ha dato mandato a Brand monitor, azienda specializzata in servizi anti-pirateria informatica e protezione del brand, di acquistare 439 domini web potenzialmente offensivi nei confronti dei vertici della banca.
Lo schema utilizzato per selezionarli è sempre lo stesso: nome e cognome del manager, seguito dai suffissi sucks o blows (la traduzione la lasciamo ai lettori) e dai domini più popolari (.com e .net). Per l'amministratore delegato Brian Thomas Moynihan esistono otto varianti, con o senza iniziale del secondo nome: si va da BrianMoynihanBlows.net (e .com) a BrianTMoynihanSucks.net (e .com). E così via per il presidente Charles O Holliday Junior (otto varianti con o senza suffisso jr.) e per decine di altri quadri responsabili delle varie divisioni dell'istituto di credito. L'elenco completo lo ha pubblicato il Dealblog del Wall Street Journal.
Gli interrogativi senza risposta
Perché la grossa banca americana ha messo in atto questa operazione? Generalmente si incarico a società di "brand protection" di registrare domini dai nomi simili per evitare che i propri clienti finiscano su siti civetta, covo di truffatori di varia specie. L'acquisto di varianti offensive avviene soprattutto in occasione di grossi scandali. Bank of America non ha spiegato le ragioni di questa operazione e in rete è partito l'inevitabile tam tam di speculazioni e ipotesi.
Il pensiero è ovviamente andato a Wikileaks che tra i suoi nemici ha recentemente aggiunto la banca. Corruzione? Scandali? Aspetti inediti delle inchieste avviate nel day after della crisi finanziaria? Quale materiale compromettente si appresta a pubblicare il sito? Perché Bank of America ha fatto registrare tutti questi domini? Ha qualcosa da nascondere? Queste domande senza risposta che comunque non hanno turbato più di tanto l'andamento in borsa del titolo. Dal 30 novembre, giorno dell'annuncio delle rivelazioni da parte di Assange, le azioni della società hanno guadagnato il 22%, decisamente meglio dell'indice settoriale S&P500 Banks che, nello stesso lasso di tempo, ha guadagnato il 15 per cento.
Le larghe maglie della rete
In attesa delle rivelazioni di Wikileaks, i clienti arrabbiati potranno rivolgersi su altri siti che la banca non ha fatto in tempo a ritirare dal mercato: ihatebankofamerica.com e bankofamericasucks.com. Impossibile poi tenere d'occhio social network e blog dove la creazione di gruppi anti questo e anti quello è inarrestabile. A Bank of America si mettano il cuore in pace: le maglie della rete sono troppo larghe per qualsiasi goffo tentativo di censura.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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