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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2011 alle ore 16:14.
Ripresa economica estesa anche ai paesi sviluppati, inflazione in salita e di nuovo fonte di preoccupazione, debiti pubblici potenzialmente esplosivi. Gli elementi macroeconomici che per gli analisti dovrebbero caratterizzare il 2011 appena iniziato spingono in una sola direzione i mercati del reddito fisso: un futuro in salita per i rendimenti dei titoli di stato e in discesa per i loro prezzi. Tendenzialmente favorevole per il cassettista, un po' meno per chi è solito vendere e comprare titoli con una certa frequenza e che potrebbe incappare in dolorose minusvalenze.
A pensarci bene, lo scenario prospettato dagli analisti delle banche d'affari (riassunto nel consensus raccolto da Bloomberg e riportato nella tabella a fianco) è piuttosto simile a quello disegnato 12 mesi fa. Anche allora si parlava di ripresa economica e di un consequenziale rialzo dei rendimenti, ma si accennava pure alle tensioni dei debiti sovrani. Ciò che poi è realmente accaduto – con le crisi a catena di Grecia e Irlanda, il raffreddamento della crescita Usa che ha costretto la Federal Reserve a varare un nuovo piano di stimolo da 600 miliardi di dollari – è sotto gli occhi di tutti e ha ovviamente impattato sui rendimenti delle obbligazioni di stato scombinando i piani degli investitori.
La misura della volatilità dei mercati la si comprende osservando l'andamento nel 2010 del titolo forse più rappresentativo, quel Treasury decennale Usa che è un parametro di riferimento universale e il cui rendimento è stato capace di salire al 4% inizio aprile, per poi precipitare in autunno vicino ai minimi storici del 2009 fino al 2,4% e infine risalire fino al 3,5% a dicembre: escursioni insolite per il reddito fisso e quindi anche difficilmente pronosticabili dagli addetti ai lavori.
Perché allora, ci si potrebbe chiedere, quest'anno le previsioni dovrebbero essere più affidabili? A onor del vero, la situazione rispetto a 12 mesi fa è meno incerta: gli Stati Uniti sembrano avere ingranato la marcia e lo spettro di una doppia recessione (double dip) ancora attuale la scorsa estate appare scongiurato; l'inflazione in Europa, come ha ricordato non più di due giorni fa il presidente della Bce Jean-Claude Trichet, va seguita con grande attenzione. Il risultato, in entrambi i casi, potrebbe risolversi con mosse di politica monetaria restrittive più ravvicinate rispetto alle attese (per Citigroup, Francoforte potrebbe rialzare i tassi già nella seconda metà dell'anno) e con rendimenti obbligazionari che tenderanno inevitabilmente ad anticipare gli eventi.
Hsbc, per esempio, ritiene che tanto i rendimenti del bund decennale tedesco quanto quelli del Treasury possano raggiungere la soglia psicologica del 4% già entro giugno. E che su questo rialzo possa incidere uno spostamento della percezione dei rischi del debito sovrano dai paesi «periferici» fino ai «core». «Il dibattito sulla sostenibilità fiscale – conferma Marco Sticchi, gestore di Nemesis Asset Management – riguarda adesso anche paesi come Gran Bretagna e Stati Uniti, mentre in Europa si ha la sensazione che anche Francia e Germania dovranno condividere i costi di salvataggio dei paesi in difficoltà e finiranno quindi per essere gradualmente coinvolti nelle questioni dei debiti sovrani».
Se così fosse, l'epoca del Bund o del Treasury come bene rifugio per eccellenza nei momenti di tensione internazionale sarebbe destinata a tramontare. Per avere una controprova non si dovrà attendere a lungo: giusto il tempo di capire se dopo Atene e Dublino anche Lisbona e (forse) Madrid avranno bisogno dell'aiuto pubblico per salvare le proprie finanze.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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