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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2011 alle ore 19:42.

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È reduce, insieme alle altre rappresentanze dell'universo finanziario, dall'incontro con il presidente della Consob, Giuseppe Vegas. Michele Calzolari, presidente di Assosim, l'associazione degli intermediari parla di un clima positivo e di una buona disponibilità da parte di tutti gli interlocutori.
«Abbiamo ribadito – dice – la necessità della massima attenzione al mercato, che significa essenzialmente evitare gli eccessi di regolamentazione».

Dottor Calzolari mi pare che l'incontro sia stato fruttuoso. Si può parlare di un patto tra operatori e vigilanti?
Non userei formule. Il rapporto con l'Autorità e le sue strutture tecniche è buono e non da ieri. Abbiamo solo puntualizzato, se ancora ce ne fosse bisogno, che la Consob non può sostituirsi al mercato, non può determinare la politica industriale del settore finanziario.

I broker sono soggetti vigilati e hanno tra i compiti principali quello di segnalare all'Authority le operazioni sospette. Qualche volta, lamentano i funzionari Consob, qualcuno degli operatori pare restìo ad assolvere a questo compito. È così?
Dobbiamo intenderci su cosa significhi operazione sospetta, la normativa stessa è alquanto vaga. Dentro a quella cornice ogni intermediario si è dato dei codici di comportamento propri. C'è chi ha pratiche più restrittive e chi meno. Ma attenzione è solo una questione quantitativa. Non è assolutamente un assioma che chi comunica poco nasconda qualcosa. Occorre piuttosto fare il punto con la Vigilanza e darsi linee guida operative snelle ed efficienti.

Già ma il tema dell'insider trading esiste, è diffuso ed è una pratica che danneggia chi opera correttamente.
Non c'è dubbio e non sto minimizzando affatto il problema. Vede il market abuse è una cornice ampia. L'insider trading vero e proprio riguarda più gli emittenti, le società quotate che non gli intermediari. Per noi broker pesa più quel che andava sotto il nome di aggiotaggio cioé la manipolazione dei prezzi.

Come avviene?
È presto detto. La borsa italiana è piena di titoli poco liquidi su cui è più facile che avvengano fenomeni manipolativi. Penso a quelle micro-società con capitalizzazioni modeste, bassi flottanti e quindi con problemi di liquidità. Chi vuole approfittare delle pratiche manipolative non lavora su Eni o Telecom Italia. Non avrebbe nessun effetto. I prezzi si alterano facilmente solo sui titoli sottili. E qui c'è un problema annoso che riguarda Borsa Spa e in genere tutti i soggetti del mercato. Si dice da sempre, e l'ha ripetuto il presidente Vegas, di lavorare per dare più spazio al mercato delle piccole e medie imprese. Tutto bene, tutto condivisibile. Ma si dimentica che non c'è un problema di offerta. È pieno il nostro paese di pmi che potrebbero quotarsi. Il problema è che manca strutturalmente la domanda. E manca, perché c'è ancora troppa opacità. Si va in borsa con il flottante minimo, non ci sono fondi specializzati in Pmi. Non si incentiva la ricerca sulle piccole. E con poca ricerca, con pochi studi non si attirano gli investitori esteri. All'atto della fusione con Londra si era detto che c'erano forti complementarietà. Che da Londra sarebbero arrivati sulle Pmi italiane fondi istituzionali. Non è successo nulla di tutto ciò.

Oltre al tema dei titoli sottili, mi pare che il trading veloce ponga sempre più problemi sul fronte dell'opacità del mercato. È così?
Certo. Ormai l'innovazione tecnologica consente agli high frequency trader, agli scalper di essere sempre più attori importanti del mercato. Si sostiene da più parti che il loro mestiere è di fatto far muovere i prezzi. Si butta l'amo su di un titolo e si aspetta che entrino i flussi dei piccoli risparmiatori per poi lucrare. Si cerca, si crea artficiosamente volatilità, perché è su quella che si guadagna. Attenzione è tutto legittimo e credo comunque che non vada criminalizzata la speculazione. Si tratta solo di vigilare correttamente. È qui il compito delle Autorità è più complesso. Si rischia di arrivare sempre tardi, non certo per colpa loro.

Ha parlato di Londra e Milano. E proprio in questi giorni è in atto un nuovo risiko delle borse mondiali. Più opportunità o più problemi?
La concentrazione è inevitabile. L'industria delle borse è ormai una commodity. Occorre aumentare i volumi per mantenere i margini di guadagno. È poi impera un modello di globalizzazione ineludibile. Pensi che al Nyse si scambia solo il 30% delle azioni Usa. A Londra viene scambiato solo il 50% delle azioni inglesi. È chiusa per sempre quella fase durata fino al 2005 dell'obbligo di concentrazione degli scambi e delle borse nazionali come monopoli naturali. Borse sempre più globali e mercati alternativi sempre più aggressivi conviveranno.

Si pone un problema di marginalizzazione delle Autorità nazionali, immagino.
Certo. Non puoi avere un mercato sempre più globale e una vigilanza solo locale. Vanno pensate forme di coordinamento sovranazionale e armonizzazioni normative attorno alle singole autorità nazionali. La nostra normativa e la nostra autorità di controllo dispongono di molte regole, spesso troppo stringenti. Occorre coerenza con quanto avviene altrove. Anche perché il mercato va là dove le regole sono più efficienti.

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