di Walter Riolfi Sono una macchina da soldi i fondi di Edouard Carmignac. Soprattutto il più famoso e il più grande, il Patrimoine: rendimenti medi annui vicini al 10% dal 1990 ad oggi, e superiori all'8% negli ultimi difficili 7 anni. Ma il colpo da maestro è quel +0,01% segnato nel 2008, quando l'indice S&P era crollato del 39% e lo Stoxx s'era schiantato del 46%. Fu anche un vero coup de théâtre, perché monsieur Carmignac decise quell'anno di rinunciare alle sue (laute) commissioni di performance, pur di tenere a galla il rendimento del fondo. Più che un sacrificio fu un investimento, perché grazie a quel +0,01%, mentre l'intero mondo finanziario stava franando, Carmignac potè presentarsi agli investitori come il più abile gestore sulla piazza. E il suo fondo, che a fine 2008 non raggiungeva i 5 miliardi di patrimonio, vide esplodere la raccolta e in soli due anni è arrivato a superare abbondantemente i 28 miliardi. In un biennio, Carmignac ha raccolto più di ogni altro fondo al mondo, più di Pimco che amministra la bellezza di 1.250 miliardi di dollari.
Patrimoine si vendeva e si vende da solo. Per i promotori finanziari di mezza Europa bastava andare dal cliente e mostrare vent'anni di risultati ininterrotti che, come calcola una società indipendente di consulenza (la britannica Markov Processes) sono quasi il doppio di quelli espressi dal benchmark di un fondo bilanciato. E oltre ai promotori, c'è il passaparola, specie tra i clienti più facoltosi, cosicchè Patrimoine è finito nei portafogli dei risparmiatori e in quelli dei grandi investitori del private banking: spesso in misura preponderante rispetto ad altre attività e ad altri prodotti.
I grandi investitori istituzionali, le banche per esempio, sono rimaste tuttavia sospettose di tanto grandi risultati. Tra la concorrenza, forse anche per invidia, qualche società di gestione ha persino insinuato il dubbio che nei lussuosi uffici parigini, al 24 di Place Vendome, s'annidasse un nuovo Madoff. I risultati non quadrano con l'andamento degli investimenti finanziari dichiarati nei prospetti, sostengono alcuni gestori. Il fatto è che per Patrimoine la definizione di fondo bilanciato è solo di comodo e, per strategia, tecniche di gestione e strumenti finanziari assomiglia più a un fondo flessibile o agli hedge fund che fanno ampio uso di derivati, come osservano gli analisti di Markov. Questi ultimi hanno fatto recentemente le pulci alle passate performance di Patrimoine, analizzando l'andamento delle diverse attività finanziarie presenti in portafoglio. Il risultato è un comportamento assai simile a quello di un fondo hedge "macro", unito a un «talento» (per la scelta degli investimenti, la diversificazione geografica e il tempismo) che ha portato Patrimoine a battere il benchmark di riferimento l'86% delle volte tra gennaio 2000 e settembre 2010.
Quel rimanente 14% dimostra che nella gestione di Carmignac non dovrebbe esservi nulla di diabolico alla Madoff. Umani sono gli errori degli ultimi due-tre mesi, con quei risultati negativi (tra il 2 e il 3%), mentre continua l'ascesa di Wall Street, delle borse europee e delle commodity. L'unico rischio è che i sottoscrittori del fondo, assuefatti a decenni di ininterrotti guadagni, si lascino cogliere da qualche smarrimento e decidano di disinvestire. Una precipitosa uscita di capitali potrebbe creare effettivamente qualche difficoltà a Carmignac, poiché, come sottolinea un gestore italiano, con il massiccio uso di derivati (specie quelli trattati over the counter), diventa difficile smontare rapidamente le posizioni. Forse è proprio per questo che monsieur Edouard ha intrapreso una campagna pubblicitaria per difendere in tutta Europa la propria immagine e il proprio lavoro. E soprattutto per tranquillizzare gli investitori.
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