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Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2011 alle ore 06:43.
MILANO. Clima sempre più teso tra le banche italiane e Bankitalia. La nuova normativa di Basilea 3 è considerata eccessivamente penalizzante per le banche italiane, che si considerano «indifese» e, anzi, bersagliate dalle norme di Vigilanza che anticipano gli effetti della nuova normativa. E sono pronte a chiedere al Parlamento, magari sperando in un avallo del Ministero dell'Economia con cui il dialogo è diventato fruttuoso, la riapertura del dossier delle partecipazioni azionarie nella Banca d'Italia.
Ipotesi, va detto, che sembra essere accolta con estrema freddezza in Via Nazionale, dove si ripete quanto già detto più volte in passato: Bankitalia è un istituto di diritto pubblico, il cui valore è difficilmente determinabile in modo puntuale sulla base di momentanee valutazioni di mercato di alcuni suoi asset (a partire dalle riserve auree). In ogni caso, stanti le attuali normative e le disposizioni di Vigilanza, le banche non possono valorizzare al mark-to-market le quote in Bankitalia, rinunciando a veder emergere un valore teorico di circa 30 miliardi (ben superiore all'ammontare totale delle ricapitalizzazioni previste in vista di Basilea 3). Attualmente, invece, quasi tutti gli istituti – a partire da Intesa Sanpaolo che ha il 40% di Bankitalia – hanno iscritto in bilancio le quote in Via Nazionale a valori di costo storico, irrisori rispetto ai valori di mercato. Gonfiati nell'ultimo anno dalla irresistibile ascesa dei prezzi dell'oro, che hanno fatto lievitare il valore delle riserve auree di Bankitalia.
«Le banche italiane non stanno pensando a niente e questo tema non è all'ordine del giorno», ha commentato ieri sera il presidente dell'Abi Giuseppe Mussari dopo che il Financial Times aveva rilanciato a livello internazionale le anticipazioni dell'agenzia Radiocor-Il Sole 24 Ore di venerdì scorso. Una smentita che rappresenta un atto dovuto, anche perché – a quanto risulta dalle indiscrezioni – il tema non sarebbe davvero mai stato affrontato né nel comitato esecutivo dell'Abi né in alcuna sede ufficiale.
Eppure l'ipotesi circola con una certa insistenza in ambienti bancari. E in particolare tra gli istituti più grandi. Che, in vista delle sempre più pressanti richieste di Bankitalia in tema di ricapitalizzazioni in anticipo su Basilea 3, sembrano pronte a un'azione di lobbing "politica" per affrontare in chiave definitiva la soluzione all'azionariato di Bankitalia prevista dalla legge sul risparmio, che prevedeva la cessione delle quote dalle banche private a enti pubblici. Due le ipotesi sul tappeto: o la cessione al Tesoro (fattibile solo in caso di neutralità sui conti pubblici) o il mantenimento delle quote in mano alle banche, ma con una rivalutazione a prezzi di mercato e in esenzione fiscale.
Più che un progetto concreto, a quanto sembra di capire, per il momento si tratterebbe solo di due ipotesi negoziali. Da mettere sul tavolo dei colloqui in atto con Bankitalia e ministero dell'Economia, per arrivare a un allentamento delle normative collegate a Basilea 3 che, a giudizio delle banche, rischiano di pregiudicare la crescita degli impieghi alle piccole e medie imprese.
Al di là delle smentite ufficiali delle diplomazie, infatti, il clima tra banche e Bankitalia è probabilmente al massimo della tensione degli ultimi venti anni. Come ha dimostrato il ping-pong a distanza, al Forex di sabato scorso, tra Draghi e i banchieri. Con il Governatore che, parlando a braccio, ha voluto rispondere a chi giudicava gli eccessi della Vigilanza («dite che è asfissiante? Ci fa piacere») o a coloro che hanno contestato il trattamento analogo tra banche commerciali italiane e banche anglosassoni orientate alla finanza («non è vero che sono trattate allo stesso modo, ci sono requisiti patrimoniali diversi per il trading»).
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LA VICENDA
Piani e ipotesi
Le banche italiane per onorare le "penalizzanti" norme di Basilea3 potrebbero riaprire il dossier delle partecipazioni azionarie in Bankitalia il cui valore teorico è in crescita (ora è a circa 30 miliardi) con la rivalutazione delle riserve auree. Due le ipotesi: cessione delle quote Bankitalia a enti pubblici o rivalutazione delle s tesse a prezzi di mercato e in esenzione fiscale. Bankitalia però è un istituto di diritto pubblico il cui valore è difficilmente determinabile (e poi, per le attuali nomative di Vigilanza, le banche non possono valutare al mark-to-market le loro quote)
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