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Questo articolo è stato pubblicato il 05 marzo 2011 alle ore 08:18.

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Il flop di Renault sul dossier spionaggio sta per fare la sua prima vittima: Patrick Pélata, il numero due del gruppo. Sarà quasi certamente lui a saltare, a fare da fusibile perché la scossa non arrivi fino a Carlos Ghosn. Lo ha anticipato lo stesso Pélata in un'intervista uscita ieri sul quotidiano Le Figaro e decisa all'ultimo momento, alle otto di sera di giovedì. Quando Ghosn e il suo vice si sono resi conto che di fronte alle indiscrezioni, alle fughe di notizie, alle voci l'azienda doveva uscire allo scoperto, non poteva più trincerarsi nel silenzio e nel no comment.

Dopo le anticipazioni sull'inesistenza dei conti svizzeri sui quali due dei tre dirigenti licenziati con ignominia in gennaio avrebbero ricevuto il prezzo del loro tradimento sembra infatti che non ci sia neppure il terzo conto, quello che il membro del comitato direttivo Michel Balthazard avrebbe avuto in Lichtenstein. Fallimento su tutta la linea, insomma. Un disastro per l'immagine di Renault. Tanto più che di mezzo c'è anche l'immagine del Governo francese, tutt'ora principale azionista della società con il 15 per cento. Quando infatti Renault denunciò il supposto episodio di spionaggio industriale, il ministro dell'Industria Eric Besson non esitò a parlare di «guerra economica». Altro che guerra economica. La verità, che finalmente Pélata comincia a ipotizzare, è molto più semplice: un regolamento di conti interno. Cominciato con una lettera anonima la cui lettura spingerebbe chiunque a buttarla nel cestino. Pélata, pur non escludendo del tutto la pista dello spionaggio, riconosce quindi gli errori commessi, parla per la prima volta di una possibile «manipolazione» e assicura che, una volta conclusa l'inchiesta, «trarremo tutte le conseguenze fino al livello più alto della società, cioè io». Immediata la reazione del ministro dell'Economia Christine Lagarde, che ha apprezzato l'assunzione di responsabilità indicando palesemente a Pélata la porta d'uscita. Certo, ufficialmente Renault continua a dire che la decisione, quale che sia, verrà presa solo quando la Procura di Parigi fornirà la sua versione finale di quanto è accaduto, ma il destino dell'uomo di fiducia di Ghosn, che in questi ultimi 11 anni gli è sempre stato al fianco, sembra segnato. Quanto ai tre licenziati – che si sono sempre dichiarati innocenti e hanno denunciato Renault per diffamazione – verranno reintegrati ai loro posti. Con tante scuse e un sacco di soldi.

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