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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2011 alle ore 08:59.

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La super-maison mondiale del lusso Lvmh conquista Bulgari. La storica casa orafa romana, uno dei marchi più prestigiosi del Made in Italy (e un miliardo di euro di fatturato l'anno scorso), finisce nel portafoglio della multinazionale parigina. Da oggi un altro pezzo pregiato del luxury italiano parlerà francese.

Bernard Arnault, il signore delle griffe (ne controlla 50 da Louis Vuitton a Marc Jacobs, fino allo champagne Moet&Chandon) imbastisce un'operazione da 4,3 miliardi di euro e lancerà un'Opa sull'azienda nata nel 1884 dall'idea di un artigiano greco, Sotirio Bulgari, e oggi uno dei sinonimi di raffinatezza e alta gioielleria.

Gli eredi del fondatore, Paolo e Nicola, che ancora controllano l'azienda da quasi 140 anni, vendono ai francesi (consegneranno il loro 50% circa) ma non escono del tutto di scena: riceveranno il 3,5% del colosso Lvmh, una quota che ne farà il secondo azionista familiare. Meglio piccoli in un grande gruppo che indipendenti in un'industria, quella del lusso, sempre più competitiva e globale. Nel più assoluto riserbo (nessun rumor era trapelato nei giorni scorsi), e con un blitz (Lvmh ha convocato un board straordinario domenica sera e Bulgari ieri mattina), è andata in porto la più grande operazione di M&A nel mondo del lusso nel 2011 (a fianco della famiglia c'era lo studio Chiomenti, Lvmh in Italia ha uno storico legame con gli avvocati di Bonelli Erede Pappalardo).

La governance è tutta a favore degli italiani che portano a casa un accordo coi fiocchi: i due fratelli Bulgari continueranno a essere presidente (Paolo) e vice-presidente (Nicola), mentre per Francesco Trapani, il ceo che ha guidato in questi anni l'azienda, si profila una promozione sul campo: andrà a guidare tutta la divisione gioielleria-orologi di Lvmh (andando a sostituire Philippe Pascal) e in più siederà nel consiglio di amministrazione di Lvmh. La famiglia Bulgari e il ramo di Trapani (imparentato con i due fratelli e titolare di un 4,3%) conferiranno tutti i loro titoli (152 milioni) e riceveranno in cambio nuove azioni Lvmh. A tutti gli altri azionisti di minoranza, andranno soldi: il gruppo francese offre un prezzo tutt'altro che avaro, 12,25 euro. Tanto che ieri Bulgari si è impennata a razzo (con uno stratosferico +60%) per allinearsi al prezzo d'Opa (come solitamente accade).

Dopo Gucci, Bottega Veneta (entrambe passati negli anni scorsi sotto le insegne di Ppr) e Fendi (anch'essa nel portafoglio Lvmh), un altro nome importante del lusso finisce sotto le insegne d'Oltralpe. Ma a Trapani non nominate la parola «vendita»: per lui è Lvmh è solo un partner, anche se ieri molti analisti e banchieri a Piazza Affari hanno letto l'operazione come l'ennesima pedina della colonizzazione della Francia.
L'operazione è stata sì lampo, ma da tempo Trapani stava cercando un alleato. «Da qui a dieci anni il mondo del lusso offrirà molte opportunità di crescita, ma occorre un approccio più sistemico: ci vuole una conglomerata forte per reggere alla concorrenza». Per la verità Bulgari ha provato a coinvolgere gruppi italiani, per creare un campione nazionale (cosa che alla Francia riesce molto bene), ma Trapani si è scontrato con l'individualismo dei potenziali soci (versione imprenditoriale del campanilismo del paese). Quello che non ha trovato tra i suoi connazionali, Trapani lo ha invece trovato a Parigi e magari avrà giocato un ruolo non secondario il fatto che il manager-azionista italiano vanta una profonda amicizia con Toni Belloni, il direttore generale della maison francese: «Lvmh parla la nostra stessa lingua imprenditoriale e ha la nostra stessa filosofia: ha senso esser parte di un gruppo più grande».

Entrando nel gruppo Lvmh, Bulgari sarà il marchio di punta all'interno della divisione orologi e gioielli del gruppo (dove ci sono Zenith, Tag Heuer e Hublot). La logica per la holding francese è chiara (rafforzarsi nel settore più debole, dove mancava un "nome" di grido come invece ha nell'abbigliamento, pelletteria e vini); per Bulgari i benefici saranno sul fronte dei ricavi (che dovrebbero salire grazie al network mondiale dei francesi) e delle sinergie (soprattutto sul versante degli investimenti pubblicitari).
Più che una vendita, in Bulgari la vedono come una scelta di profilo imprenditoriale, nell'interesse degli stakeholder: «Volevamo restare degli imprenditori del lusso e creare valore per l'azienda - è il commento finale di Trapani - e da questo punto di vista Lvmh è il partner ideale».

Per la famiglia romana, la scelta di Lvmh è la miscela perfetta tra il controllo familiare del capitale, la garanzia di una visione strategica a lungo termine, e «un'apertura al mercato di Borsa che serva da stimolo per la gestione e garantisca allo stesso tempo la liquidità per gli azionisti della famiglia». Bulgari, assicurano nel quartier generale, rimarrà un'azienda italiana, con una sua identità e con sede ancora a Roma, dove il bisnonno Sotirio la fondò sul finire del 1800.

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