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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2011 alle ore 06:43.

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La delicatissima situazione politica in Costa d'Avorio continua a tenere sotto pressione i mercati internazionali del cacao, spingendo i prezzi a livelli elevatissimi: ieri a Londra la prima posizione dei future sul coloniale ha registrato una fiammata – ha toccato un picco record di 2.390 sterline per tonnellata – per poi invertire tendenza e chiudere con un -1,28% rispetto a lunedì; un andamento simile si è verificato a New York.
A tenere banco sul mercato è sempre il paese africano – il maggior produttore al mondo di cacao con raccolti vicini a 1,3 milioni di tonnellate l'anno – dove proseguono gli scontri tra i fedeli ad Alassane Outtara, il presidente eletto riconosciuto dalla comunità internazionale, e i sostenitori di Laurent Gbagbo, il capo dello stato uscente che rifiuta l'esito delle elezioni presidenziali del novembre scorso. Il risultato è un continuo aggravarsi della situazione umanitaria, con centinaia di migliaia di sfollati e conseguente paralisi dell'economia. La situazione è così grave che persino l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha annunciato di aver dovuto ritirare il personale internazionale in alcune città. Mentre la capitale Abidjan è stata attraversata da un corteo di donne che chiedono l'uscita di scena di Gbagbo.
La battaglia si gioca chiaramente anche sul denaro e quindi sul cacao, primaria fonte di reddito del paese. L'export è praticamente fermo da mesi e i coltivatori sono in crisi. Gbagbo sta tentando in tutti i modi di assumere il controllo del settore e ieri con un annuncio alla Radiodiffusion Television Ivorienne ha dichiarato di aver centralizzato completamente gli acquisti di coloniale (al cacao deve essere aggiunto il caffè) dai produttori e le concessioni all'export. Export che tuttavia è paralizzato dalla fine di gennaio, quando Ouattara ha vietato le vendite all'estero nel tentativo di tagliare i fondi al rivale. Da ricordare che le multinazionali e i grandi trader (in particolare Barry Callebaut ieri ha sospeso l'attività all'export nel paese) hanno aderito all'appello di Ouattara – rendendo arduo per Gbagbo vendere il prodotto – e che sulla Costa d'Avorio gravano sanzioni internazionali. Ouattara ha lanciato un avvertimento ai produttori locali: «Ogni coltivatore che coopererà con Laurent Gbagbo si vedrà ritirare la licenza all'esportazione» una volta ristabilità la legalità nel paese, ossia, con l'ascesa al potere dello stesso Ouattara.
Difficile riuscire a elaborare previsioni sul futuro del settore, dei produttori ivoriani e dei prezzi internazionali. Questi ultimi potrebbero salire ancora soprattutto nel caso di una escalation degli scontri; difficile inoltre valutare l'efficacia delle ultime decisioni in Costa d'Avorio. I produttori intanto potrebbero beneficiare nel breve periodo delle scelte di Gbagbo, vendendo il loro raccolto allo stato. Raccolto che – vista l'impossibilità di essere ceduto all'estero – viene però ammassato nei magazzini e nei porti (dove le scorte sono in graduale crescita), con elevati rischi di deterioramento. Possibili nuovi sbocchi di mercato e prezzi elevati stanno inoltre spingendo altri grandi produttori ad ampliare le coltivazioni. Il Ghana, per esempio, è il numero due del settore e sta incrementando l'utilizzo di fertilizzanti e allargando le coltivazioni nel tentativo di sostenere la produzione e riconquistare una leadership perduta negli anni '70 proprio a favore della Costa d'Avorio.
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