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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2011 alle ore 08:17.

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Proposta a Bernabè la presidenza esecutiva (Emblema)Proposta a Bernabè la presidenza esecutiva (Emblema)

Per la governance di Telecom Italia c'è tempo fino a lunedì quando si riunirà il consiglio della holding che detiene il 22,5% della compagnia telefonica. Ma, a quanto risulta, ieri sera si sarebbero fatti passi avanti verso una soluzione condivisa con l'ad Franco Bernabè. Intervenuto ieri a Roma alla convention annuale dell'Asati, l'associazione dei piccoli azionisti Telecom, Bernabè non si è sbilanciato sulla formula. Ma ha sottolineato che il gruppo, «ha bisogno di stabilità» e «affinché non sia un ossimoro, di una governance che governi, che assicuri che l'azienda sia gestita con una corretta distribuzione dei ruoli».

Decrittando, lo schema attuale, che prevede presidente e amministratore delegato, potrebbe essere completato con la creazione di uno o più direttori generali che oggi mancano. E su questo non sarebbe difficile trovare un accordo. Ma non è questa la proposta che ieri sera è stata illustrata a Bernabè dai soci, e in particolare dall'ad di Mediobanca Alberto Nagel, che si è fatto carico del compito di tirare le fila. Il modello Telefonica, con presidente plenipotenziario e "coordinatore" operativo unico cozza con il fatto che la governance degli spagnoli si è evoluta fino al punto di promuovere Julio Linares alla posizione di amministratore delegato, cosa che probabilmente Bernabè non accetterebbe in Telecom, preferendo invece l'individuazione di un chief operating officer. È però su una definizione chiara delle responsabilità aziendali che stanno ragionando i soci, per presidiare in particolare il mercato interno, che finora si è rivelato il punto debole. In sostanza, a Bernabè, col cappello di presidente esecutivo, sarebbero assegnate tutte le deleghe del capoazienda, ma si introdurrebbero i ruoli di due capi-area, con la qualifica probabilmente di direttori generali, inserendo nel board almeno il responsabile per il mercato interno. L'ad di Telecom dovrebbe dare una risposta tra oggi e domani, e non è escluso che per mettere a punto la soluzione finale sia ancora necessario un incontro charificatore.

«È giusto che gli azionisti facciano le loro valutazioni, sapendo che hanno gli occhi di tutti puntati addosso. Io semmai parlerò dopo», ha osservato il senatore Pd Pierluigi Zanda, intervenuto all'incontro dei piccoli azionisti Telecom, al quale era atteso anche il presidente della commissione Trasporti della Camera Mario Valducci, che però è stato trattenuto da un altro impegno. Zanda si è schierato a sostegno della riconferma di Bernabè, sottolineando anche l'aspetto "etico" della sua gestione.

Davanti alla platea dei piccoli azionisti, riuniti nell'auditorium di via Rieti, l'ad di Telecom ha quindi fatto un bilancio del suo mandato. «Il risultato più importante è stata la riduzione del debito – ha sottolineato Bernabè – perchè il debito è un vincolo che impedisce alla società di correre». Nei primi due anni non si è visto, ha ricordato, in quanto a Telecom sono venuti meno gli scudi fiscali che c'erano in precedenza e si è dovuto risolvere anche i contenziosi col Fisco. «Solo nel 2010 si è normalizzata la situazione – ha osservato – ma si tiene conto anche della cessione della partecipazione a Cuba, in tre anni il debito è stato ridotto di 5 miliardi».

L'intervento sui costi è valso 4 miliardi, «con benefici che sono stati retrocessi in gran parte sulla clientela per tornare competitivi». «Agli azionisti – ha poi ricordato – è stato chiesto un sacrificio in termini di dividendi, calati dai 3 miliardi di una volta a 1 miliardo, e questo ha pesato sul titolo». «La riduzione dei ricavi, mantenendo lo stesso livello di Mol, pur in presenza della peggior recessione dagli anni '30 – ha aggiunto – è un risultato rilevante che ci ha permesso di guadagnare competitività. Infatti i clienti stanno tornando e i volumi sono cresciuti. Basti pensare che i nostri clienti che prima parlavano al telefono quattro minuti al giorno, oggi lo fanno per venti minuti». Ha ricordato poi che all'inizio del suo mandato c'era la prospettiva di un ulteriore dimagrimento di Telecom «che coinvolgeva anche la rete», oltre che le province estere. «Ho fatto invece la scelta opposta, perchè il paese ha bisogno di Telecom, di un'azienda che cresce, crea occupazione e si espande all'estero. Perché abbiamo bisogno di dare un futuro ai nostri figli».

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