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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2011 alle ore 08:10.

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«Una cordata con Lactalis per Parmalat? Non credo sia una strada percorribile, gli interessi sono troppo distanti. Comunque vedremo nelle prossime ore». Gianpiero Calzolari, presidente del consiglio di amministrazione della Granarolo non sembra sorpreso alla notizia della discesa in campo dei concorrenti d'Oltralpe, decisiva per fare svanire il tentativo di creare un polo italiano nel settore lattiero caseario. I rumors circolavano da giorni e ieri sera i francesi sono venuti allo scoperto.

E ora? «I giochi sembrano ormai fatti», continua a ripetere a caldo anche se non nega di sperare in una mossa a sorpresa e in un partner finanziario. E ieri in serata il ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani ha continuato a dirsi favorevole a una cordata italiana per il gruppo alimentare.A spendersi per una cordata tricolore era stato lo stesso presidente del gruppo bolognese, che annovera tra i soci Intesa Sanpaolo con una quota del 20%, e creare così un polo italiano in un comparto quello lattiero caseario che nell'ambito dell'agro-alimentare è secondo per importanza soltanto al manifatturiero.

Concorrente da sempre della Parmalat, fin dai tempi di Calisto Tanzi che con Sergio Cragnotti si alleava per sbaragliare i cooperatori, il numero uno della Granarolo soltanto di una cosa è sicuro: «Se c'è la volontà di una cordata tricolore andiamo avanti, altrimenti no. La nostra italianità va salvaguardata perché è un valore in sé». Al fianco dei bolognesi si è schierata anche la LegaCoop con il presidente Giuliano Poletti, anch'egli preoccupato dall'idea di una Parmalat non più italiana.

Alla guida del gruppo dal giugno del 2009, dopo le dimissioni dello storico presidente Luciano Sita rimasto al vertice per 18 anni, Calzolari ha maturato la consapevolezza che le sindergie industriali con il colosso alimentare di Collecchio siano ben solide quando si parla di latte e derivati, meno su tutto il resto. Una distanza colmabile dal punto di vista industriale, non da quello finanziario: «Non abbiamo le risorse per un'acquisizione di queste dimensioni» dopo la faticosa acquisizione della Yomo, né può da sola, anche per motivi Antitrust.

Non è la prima volta che Granarolo viene tirata in ballo per un derby emiliano. Già due anni fa si era fatto il nome del gruppo bolognese come partner di Colleccchio, i tempi, però, non erano ancora maturi, Bondi frenava perché il suo lavoro non era ancora terminato: bisognava portare a termine le azioni legali che hanno arricchito le casse del gruppo alimentare di circa 2 miliardi di euro, un vero gioiellino. Ora le "controparti" sono esaurite, hanno pagato e per qualcuno è arrivato il momento di tentare il grande salto. L'idea della cordata italiana non era mossa soltanto dalla necessità di salvaguardare una filiera industriale che rischia ora di indebolirsi. Nella visione di Calzolari «l'interesse è di rafforzare il sistema paese», con la preoccupazione che «dopo avere visto espatriare marchi importanti del made in Italy, un intero comparto da domani potrebbe parlare un'altra lingua».

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