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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2011 alle ore 07:54.

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Lactalis è salita ancora in Parmalat fino a raggiungere il 13,68%, ma ieri ha smesso di comprare. La cordata italiana in fieri è in attesa delle valutazioni di Ferrero, tassello-chiave per dare alla difesa del gruppo di Collecchio la connotazione di un progetto industriale. Entrambi i fronti, prima di fare le prossime mosse, sono in attesa del provvedimento preannunciato dal Governo a tutela delle aziende di "interesse nazionale". Di conseguenza il mercato prende profitto, dal momento che il titolo Parmalat nel giro delle precedenti quattro sedute si era apprezzato di quasi l'11% fino a toccare, venerdì scorso, un picco di 2,6 euro. Ieri, dunque, in Borsa è stata giornata di realizzi: -5,15% le quotazioni tornate a 2,466 euro tra scambi ancora intensi che hanno interessato quasi il 4% del capitale.

La Consob, dunque, è intervenuta per chiedere a Lactalis di dichiarare a che livello è giunta la partecipazione nel capitale di Collecchio. A ieri, i francesi hanno dichiarato di detenere 149,4 milioni di azioni Parmalat, pari all'8,597% del capitale e conferamto di aver stipulato un contratto di equity swap avente a oggetto una partecipazione potenziale fino al 7%. Sempre a ieri, ai sensi del contratto che sarebbe stato stipulato con SocGen, sono state acquistate 88,3 milioni di azioni, pari al 5,081% del capitale. La quota già in mano al gruppo lattiero-caseario transalpino sale di conseguenza al 13,68%.

Per le contromosse c'è tempo comunque ancora fino al 1° aprile, ultima data utile per registrarsi in vista dell'assemblea del 14 aprile che dovrà rinnovare il cda. L'ad uscente, Enrico Bondi, è stato ricandidato dalla lista presentata da Intesa-Sanpaolo, che ha depositato per sostenerla il 2,14%. Ma la banca guidata da Corrado Passera si è anche di fatto impegnata a trovare un'alternativa alla scalata francese che consenta di mantenere le insegne tricolori su uno dei principali gruppi alimentari del Paese. Se l'interesse alla vicenda dichiarato da Ferrero si concretizzasse, sarebbe possibile costruire un'operazione con un orizzonte che vada al di là della scadenza immediata dell'assemblea. Certo è che il gruppo di Alba era già stato sondato più volte sul dossier Parmalat quando le quotazioni non erano surriscaldate, senza tuttavia arrivare a nulla di concreto. Anche il gruppo Barilla era stato contattato in passato per una possibile aggregazione con Parmalat, ma aveva declinato l'invito. Nel frattempo a mostrare un interesse industriale concreto è stata solo Lactalis, che in Italia ha già rilevato Galbani, reduce dal fallito tentativo di conquistare Yoplait, marchio francese dello yogurth passato agli americani di General Mills.

Resta cruciale nella partita il ruolo dei fondi Zenit, Skagen e MacKenzie che hanno vincolato in un patto temporaneo il 15,3% del capitale e depositato una lista col mandato di utilizzare il "tesoretto" da 1,5 miliardi per fare acquisizioni. Allo stato sono il "blocco" di maggioranza.

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