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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2011 alle ore 09:20.
L'offensiva transalpina non si limita alla Libia. Il gruppo francese Lactalis ha raggiunto un accordo per comprare dai fondi Zenit Asset management AB (svedese), Skagen AS (norvegese) e Mackenzie financial corporation (canadese) le loro quote in Parmalat al prezzo di 2,80 euro per azione (ieri riferimento a 2,466 euro). L'acquisto riguarda 265.744.950 azioni, pari al 15,3% del capitale del gruppo di Collecchio, un assegno da circa 750 milioni. Con questa operazione Lactalis sale al 29% di Parmalat e l'azienda viene valutata 5 miliardi di euro. Le azioni Parmalat - in calo di oltre il 7% nel finale di seduta - sono state sospese prima dell'avvio della seduta, poi subito riammesse alle negoziazioni.
L'accordo tra Lactalis e i tre fondi azionisti di Parmalat, spiega una nota, «verrà eseguito in data odierna nei più brevi tempi tecnici necessari e l'esecuzione potrà avvenire mediante acquisti effettuati direttamente da Lactalis e/o nell'ambito di contratti equity swap». Inoltre, continua il comunicato, «il numero esatto di azioni Parmalat acquisite direttamente dal gruppo Lactalis e di quelle acquistate dalle controparti dei contratti di equity swap verrà comunicato non appena disponibile». Ad ogni modo, continua la nota, a seguito dell'operazione con i fondi deterrà una partecipazione diretta e una potenziale che, sommate tra loro, rappresenteranno complessivamente circa il 29% del capitale sociale del gruppo agroalimentare italiano.
La motivazione a vendere dei fondi è che in Parmalat c'era «un rischio crescente di un cda diviso e di una governance inefficiente». Rischio che ha indotto i fondi a concludere che «l'intento iniziale di creare le premesse per lo sviluppo di parmalat attraverso l'elezione di un consiglio di amministrazione altamente qualificato che i fondi avevano individuato é stato compromesso». In una nota Zenit, Skagen e Mackenzie hanno comunicato che sono stati avvicinati anche da altri soggetti, ma l'unica offerta che hanno ricevuto è stata quella dei francesi. Per ora non ritirano la lista presentata per il rinnovo del Cda di Parmalat.
Ovviamente non sono mancate le reazioni all'avanzata di Lactalis nell'azionariato Parmalat.
Il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, nel pomeriggio ha risposto «mi auguro di sì» a chi chiedeva se ci fossero residue possibilità di successo per una ipotetica cordata italiana.
Martedì mattina vicepresidente di Unicredit, Fabrizio Palenzona, ha detto di reputare ancora «importante» l'ipotesi di un'aggregazione fra il gruppo Ferrero e Collecchio. Parlando a margine di un convegno all'università Roma Tre, Palenzona, a chi gli chiedeva delle ultime mosse dei francesi, ha risposto: «Per me occorre preservare la filiera industriale dell'agroalimentare e del latte in Italia». In una eventuale operazione, Palenzona ha spiegato come Unicredit, fatto salvo che la decisione spetta all'ad Federico Ghizzoni, «potrebbe appoggiarla. Ritengo che sarebbe profittevole per la banca», ha concluso.
«Certamente - ha commentato il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi - dobbiamo preoccuparci per quanto riguarda le attività strategiche come quelle relative all'energia o alla filiera agroalimentare. Quanto più sono filiere a forte valenza italiana tanto più possiamo pensare di irrobustire la nostra più complessiva indipendenza economica». A proposito del provvedimento in difesa dell'industria nazionale dagli attacchi stranieri, annunciato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, Sacconi si è limitato a dire: «La situazione la sta studiando Tremonti». Ad ogni modo, la presenza dei francesi nelle aziende italiane è un fenomeno sul quale, secondo Sacconi, «non si deve esagerare perchè è più contenuto di quello che talora viene descritto».
E in serata proprio Ferrero ha fatto sapere che «rimane interessata se matureranno le condizioni che lo rendono possibile». Nella vicenda Parmalat, si legge in una nota, « Ferrero ha risposto con interesse e simpatia alla eventualità di un progetto industriale di lungo periodo di stampo italiano». Il gruppo piemontese, in sostanza, continua a guardare a Collecchio con un occhio rivolto all'evoluzione degli eventi. In particolare, alle mosse del governo. (a cura di Alberto Annicchiarico)
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