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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2011 alle ore 07:38.
Nel polverone di complessi contratti derivati, di trattative incrociate e di rastrellamenti in Borsa, una cosa sembra assodata: la scalata di Lactalis alla Parmalat è avvenuta in pochissimi giorni. Una guerra lampo. Come aveva anticipato Il Sole 24 Ore ai primi di marzo, il gruppo francese stava guardando il dossier da tempo. Ma gli acquisti effettivi di titoli sono avvenuti in pochi giorni: in una sola settimana Lactalis ha rastrellato, direttamente o indirettamente, il 28,97% di Parmalat. Ora, a bocce ferme, è possibile ricostruire come e perché l'Italia ha perso la battaglia di Collecchio. I francesi hanno innanzitutto fatto gioco di squadra: non a caso Lactalis si è fatta aiutare da due banche locali come SocGen e Credit Agricole. I francesi hanno usato l'ingegneria finanziaria, cioè contratti chiamati equity swap.
Ma, soprattutto, i francesi hanno messo sul piatto soldi veri. Immediati. Gli italiani no.
Tutto inizia il 15 marzo. Martedì scorso. Mentre il mondo guardava terrorizzato la catastrofe giapponese, d'oltralpe Lactalis rastrellava il 3,131% delle azioni Parmalat. È possibile che questo primo acquisto sia avvenuto in gran parte proprio quel giorno: non a caso in Borsa il 15 marzo i volumi sul titolo Parmalat salgono del 485% rispetto a lunedì. Nessuno però lo sa, perché le comunicazioni alla Consob vengono fatte dopo cinque giorni lavorativi. Ma è mercoledì che la scalata prende corpo nella sua forma. Lactalis acquista altre azioni, arrivando al 5,026%. E, al suo fianco, inizia a comprare anche Société Générale, che arriva al 3,068% di Parmalat. I volumi in Borsa salgono ancora: in un giorno si scambiano 107 milioni di titoli, quando la settimana prima non si era mai andati sopra i 21mila. Il titolo Parmalat vola. Ma nessuno sa perché.
Quel giorno gli analisti più accorti, guardando l'escalation degli scambi, pensavano che a manovrare fosse una cordata italiana. Avevano sbagliato protagonista: a muoversi erano i francesi. Le azioni comprate da Soc Gen costituivano infatti il sottostante di un contratto di equity swap stipulato con Lactalis. Nonostante il nome ostico, un equity swap non è nulla di complesso: è un contratto in base al quale SocGen compra azioni, per poi girarle a Lactalis a una data prefissata e a un prezzo prestabilito. Di fatto questo equity swap è un acquisto a termine per conto terzi.
Nessuno, però, ancora lo sa. È solo il giorno dopo, il 17 marzo, che Lactalis esce allo scoperto. Quel giorno compra un ulteriore 2,2% e annuncia di avere ormai il 7,28% di Parmalat. Comunica anche di avere un contratto di equity swap – si scoprirà poi con SocGen – per rilevare un ulteriore 7%. Ed è proprio per onorare quel contratto che SocGen proprio il 17 marzo rastrella un altro 1% di Parmalat, salendo al 4,14%. E il 18 marzo sale al 5,081%. Lo stesso fa Lactalis, che lunedì 21 marzo annuncia di essere arrivata all'8,597%.
Martedì arriva il colpo di scena. Lactalis raggiunge l'accordo per acquistare tutte le azioni (pari al 15,3% di Parmalat) dei tre fondi Mackenzie, Zenit e Skagen. Se però a questo 15,3% si somma l'8,597% già rastrellato in Borsa e il 7% acquistabile tramite l'equity swap con SocGen, si presenta un problema: Lactalis supererebbe la soglia del 30% e sarebbe costretta a lanciare un'Opa su tutto il gruppo di Collecchio. La soluzione arriva, ancora una volta, dall'ingegneria finanziaria e dal gioco di squadra (francese). Le azioni dei fondi vengono così spacchettate: Lactalis acquista solo il 5,37% a 2,80 euro, mentre il restante 9,92% viene diviso tra SocGen e Credit Agricole. SocGen blocca il suo primo equity swap, ma in compenso compra dai fondi il 2,42% per conferirlo – attraverso un nuovo equity swap – a Lactalis. Credit Agricole rileva invece, sempre dai fondi, il 7,50%, per inserirlo in un ulteriore equity swap. Così Lactalis ora detiene il 13,97% direttamente e il 15% attraverso tre distinti equity swap. Totale: 28,97%. L'Opa è sventata. Collecchio è conquistata.
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