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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2011 alle ore 07:38.
Poco meno di 18 milioni. Di euro, migliaia in più migliaia in meno. Ogni giorno e tutti i giorni dell'anno. È l'incasso che la famiglia Ferrero sa di attendersi ogni sera al rientro dei camion che hanno consegnato la mitica Nutella o l'ovetto Kinder. Più che un colosso alimentare la dinastia di Alba, con quel fatturato consolidato a livello internazionale che veleggia sui 6,5 miliardi, appare una sorta di forziere magico. Quegli oltre 6 miliardi di ricavi possono dire poco o nulla della forza di un'azienda. Conta quanta redditività quella mole di entrate genera e se esse corrono anno su anno.
E per i Ferrero non è mai stato un problema. Nè l'uno nè l'altro. Nelle ultime cinque annualità i ricavi a livello mondiale sono cresciuti di 1,5 miliardi. E con essa i margini industriali. Il margine lordo che era di 633 milioni nel 2005 ha superato l'anno scorso il miliardo. Non è facile trovare al mondo una società alimentare che vanta redditività industriale al 15% dei ricavi. Ma la forza (o la debolezza?) dei Ferrero non finisce qui. Poca o quasi nulla finanza e poca voglia di correre avventure che comportino il passo più lungo della gamba, come la rinuncia a Cadbury.
E così i profitti netti di Ferrero International hanno superato i 500 milioni nell'annata 2009 (su 6,34 miliardi di fatturato) e promettono di fare altrettanto bene a fine 2010. Mettete in fila gli ultimi 5 anni e avrete un flusso di utili netti per la bellezza di 1,9 miliardi. Ma il gruppo di Alba scoppia di salute non solo sul fronte della redditività. Accumula, accumula ed ecco che il gruppo si ritrova con capitale netto per oltre 2,3 miliardi, di cui 1,6 miliardi sono solo le riserve accantonate. Certo c'è anche il debito, quello finanziario, salito a 1,2 miliardi. Ma per 800 milioni in realtà non è con le banche ma con la stessa famiglia che ha deliberato dividendi in Lussemburgo ancora da incassare. Una potenza di fuoco tutta da dispiegare. Se solo si volesse.
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