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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2011 alle ore 06:41.

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Più che una pulizia contabile è un raschiamento. All'indomani dell'accordo con UniCredit per la ricapitalizzazione, Fondiaria Sai ha annunciato una perdita record di 929 milioni per l'esercizio 2010. I conti "lacrime e sangue" sono stati approvati ieri dal cda del gruppo assicurativo controllato dalla famiglia Ligresti che ha anche deciso di esercitare la put su City Life vendendo a Generali il 27,2% della quota detenuta nel progetto immobiliare milanese.
Un simile squilibrio dei conti (un miliardo prima delle tasse e delle quote di minoranza) è per 492 milioni risultato di svalutazioni di asset ma per ben 616 milioni l'effetto di una rivalutazione delle riserve tecniche (gli impegni assunti con gli assicurati) risultate pertanto del tutto inadeguate. È questo il vero bubbone scoppiato con i conti del 2010, per giunta inaspettato perchè fa seguito a un incremento di circa 300 milioni già deciso con il precedente esercizio. Come è stato possibile? La gran parte delle rivalutazioni (per 470 milioni) è stata decisa nel ramo della Rc auto dove Fonsai è leader di mercato e riguarda i sinistri di maggiore importo (quelli con un seguito di morti o feriti) delle passate generazioni.
La compagnia – a quanto si è appreso – rallentava quei pagamenti onerosi pensando di ripartirne l'onere in più anni (ciò che in ogni caso rappresenta una scorrettezza). Ma quando il problema è venuto allo scoperto, lo scorso anno, ad aggravare la situazione è intervenuto un elemento esterno: le nuove tabelle sui risarcimenti dei danni fisici decise nel frattempo dal Tribunale di Milano, rapidamente adottate anche in molte altre sedi giudiziarie, che comportavano incrementi nei risarcimenti fino al 40 per cento. Paradossalmente i ritardi hanno finito per favorire gli assicurati (con risarcimenti più generosi) ma per la compagnia è stata una mazzata, perchè quando i pagamenti sono stati portati all'incasso hanno determinato un automatico aggiornamento del fabbisogno di riserve per tutti i sinistri, anche per quelli non ancora pagati.
C'è poi il capitolo delle svalutazioni di asset in portafoglio in cui spiccano le perdite sulle partecipazioni in Generali (167 milioni), UniCredit (119), Mps (45) oltre a un centinaio di milioni su immobili i cui valori sono stati corretti al ribasso da nuove perizie. Simili correzioni contabili hanno prodotto un terremoto nel patrimonio netto del gruppo evaporato per un terzo (da 2,7 a 1,9 miliardi) spingendo sotto il livello minimo (97%) il margine di solvibilità. Con la ricapitalizzazione annunciata ieri, per complessivi 800 milioni, i ratios torneranno nuovamente "in bonis" (intorno a 126) ma nelle scorse settimane – a quanto si è appreso – l'Isvap, preavvertita dei conti e impegnata da settembre in un'ispezione, era già intervenuta sollecitando un'immediata iniezione di nuovi capitali. Ciò che, detto in poche parole, fugherà definitivamente le paure di Opa (scatterà una specifica clausola di esenzione) sull'operazione di UniCredit.
Nel bilancio della compagnia l'unico settore a esibire un risultato positivo (72 milioni rispetto agli 85 del 2009) è stato il ramo vita. I rami danni sono invece in profondo rosso (-498 milioni) con un combined ratio (rapporto tra spese e premi) a 109,4%, ma che per la controllata Liguria è arrivato al 136 per cento. Il settore immobiliare perde 51 milioni e le altre attività 68 milioni di cui un cinquantina relativi alla società alberghiera Atahotel.
«La nostra strategia di concentrarci sul core business assicurativo – ha sottolineato l'ad Emanuele Erbetta nella conference call con gli analisti – fa in modo che Atahotels sia un asset su cui dobbiamo fare delle riflessioni». Simili conti hanno avuto un'immediata ripercussione in Borsa dove il titolo Fonsai ha perso il 3,5% a 6,4 euro mentre la controllata Milano Assicurazioni è sprofondata del 6,04%.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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