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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2011 alle ore 07:53.

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Corsa contro il tempo per bloccare l'assemblea Parmalat che potrebbe sancire la vittoria di Lactalis a Collecchio. Ieri si è tenuta una riunione in Intesa Sanpaolo, con Granarolo e altri potenziali investitori finanziari, per arrivare a consegnare una manifestazione d'interesse al cda che il 1° aprile dovrà decidere se far slittare l'adunanza dei soci già convocata per il 12-13 e 14 aprile. Decisione non facile, in assenza di prospettive concrete, dal momento che gli amministratori si esporrebbero al rischio di azioni legali. Lactalis, che ha già una quota potenziale del 29%, è contraria. Teoricamente, se l'assemblea slittasse a fine giugno, potrebbe denunciare un danno, avendo rilevato a caro prezzo il 15,3% dei fondi Zenit, Skagen e MacKenzie, quando invece avrebbe avuto il tempo per completare gli acquisti sul mercato a condizioni migliori. Ma vediamo quali sono le forze in campo, a partire dalle alternative ai francesi.

La cordata tricolore
«È necessario fare il possibile e l'impossibile per mantenere Parmalat in mani italiane», ha esordito il neo ministro delle politiche agricole Saverio Romano. Il sindaco di Parma, Pietro Vignali, si è appellato al ministro del Tesoro Giulio Tremonti «a nome della città e dell'intera filiera agroalimentare», esortando il Governo «a un'azione il più possibile decisa e risoluta, per la salvaguardia degli interessi che sono di tutto il nostro Paese». Una cordata finanziaria non avrebbe però senso. E non la vuole nessuno. Non la vuole l'ad Enrico Bondi perchè ritiene incompatibili le logiche della finanza con quelle dell'industria. Non la vuole Intesa Sanpaolo che non si esporrebbe senza avere un progetto industriale alle spalle. E i nomi di potenziali partecipanti che sono circolati in questi giorni non sono sufficienti a costituire una soluzione-ponte per preparare l'ingresso di un partner industriale. Si è parlato di Giovanni Tamburi che venerdì si era detto disponibile, salvo escludere qualche giorno dopo la partecipazione della Tip. Si è parlato di Palladio, ma la finanziaria ha la disponibilità di 600 milioni che non potrebbe convogliare tutti su Parmalat. Mettendo insieme il 2,15% di Intesa più gli ulteriori 300 milioni che potrebbe stanziare, gli ipotetici interventi di Tamburi e Palladio, e le quote di Mediobanca e Generali, non si andrebbe oltre l'8%. Granarolo è troppo piccola e ha risorse troppo limitate per controllare il gruppo di Collecchio: alla sua portata sarebbe il solo business sinergico del latte italiano.

Intesa Sanpaolo
Intesa dapprima si era dichiarata spettatrice nella partita. Poi, con l'impegno diretto dell'ad Corrado Passera, ha presentato una lista per il rinnovo del board ricandidando Bondi, e si è data da fare per cercare di mettere in piedi un'alternativa a Lactalis. Ma senza l'adesione di un gruppo delle dimensioni di Ferrero, non avrebbe molti margini di manovra.

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