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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2011 alle ore 15:32.

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Parmalat-Lactalis (Ansa)Parmalat-Lactalis (Ansa)

La scissione di Parmalat è «l'ultima trovata» degli italiani per sbarrare la strada a Lactalis. Ma il consenso del gruppo francese è tutt'altro che acquisito, anche se lo scenario della scissione potrebbe essere "allettante" per Lactalis. Intesa Sanpaolo spera di presentare a Parmalat un progetto alternativo a quello di Lactalis entro domani, quando si riunirà a Milano un cda che s'annuncia "cruciale". Così Les Echos racconta gli ultimi sviluppi della battaglia per il controllo di Parmalat, aggiungendo nei commenti una buona dose di critiche contro "l'incredibile" levata di scudi del Belpaese e «le illusioni del patriottismo economico»: gli italiani sono accusati di malafede quando se la prendono con gli "invasori" francesi, mentre le imprese italiane non hanno mai investito tanto in Francia.

All'ordine del giorno del consiglio d'amministrazione del 1° aprile c'è il rinvio della data dell'assemblea, che dal 14 aprile dovrebbe essere spostata a fine giugno, per lasciare tempo al manifestarsi di un eventuale "progetto alternativo" a Lactalis. «La pressione nel campo italiano si intensifica intorno a Parmalat», titola Les Echos, riferendosi alle pressioni del ministro dell'Economia Giulio Tremonti affinché industriali e finanzieri salvino «l'italianità" di Parmalat».

Ma dell'avvenire "italo-italiano" di Parmalat, commenta altrove Guillaume Delacroix, «nessuno si era seriamente preoccupato» nei sette anni trascorsi dal suo fallimento. E il decreto legge adottato la scorsa settimana, osserva ancora il corrispondente francese, «imbarazza perfino la Confindustria», la quale «ha riconosciuto che l'italianità, per essere desiderabile, merita di meglio che questo sotterfugio». Per ora, i banchieri sondano l'idea di acquisire le attività italiane del gruppo e lasciare a Lactalis le attività straniere di Parmalat. «Un modo per soddisfare tutti, ma con molte difficoltà da superare, poiché il consenso di Lactalis è lungi dall'essere acquisito». La scissione «avrebbe il merito di rendere il dossier accessibile agli italiani». Nessuno sembra in grado, infatti, di lanciare un'Opa sulla totalità del capitale, poiché il valore dell'impresa si attesta a 5 miliardi di euro.

Per Lactalis, «lo scenario della scissione potrebbe essere allettante», anche perché otterrebbe 1 miliardo dalla cessione delle attività italiane, ovvero, in proporzione, «più di quanto ha sborsato per acquisire il 29% del gigante di Collecchio». Oltre alle manovre di Intesa Sanpaolo, che secondo Les Echos, entro domani «dovrebbe fare un'offerta verbale», ci sono quelle di Lactalis a Bruxelles: il gruppo francese «negozia con l'antitrust europeo per poter esercitare tutti i diritti di voto legati al suo 29%». Una buona metà delle azioni sono in mano alle sue banche, Societé Générale e Crédit Agricole, attraverso tre contratti di "equity swap". Indipendentemente dalla data, a Lactalis serve «una deroga per poter imporre il suo punto di vista all'assemblea generale di Parmalat». C'è un certo sarcasmo nel commento intitolato «Parmalat e le illusioni del patriottismo economico». Scherzando sui cattivi gruppi francesi che ancora una volta si pappano una «povera piccola impresa italiana», Delacroix fa notare che dopo i casi FonSai, Edison e Bulgari, «la suscettibilità italiana è stata messa a dura prova», la scalata lampo di Lactalis a Parmalat «è la goccia di latte che fa traboccare il bricco». L'ipotetico salvatore italiano dovrebbe trovare tra 1,5 e 5 miliardi di euro, a seconda che riesca a convincere Lactalis a retrocedere il 29% del capitale rastrellato in pochi giorni o che debba lanciare un'Opa.

La speranza di vedere Ferrero allentare i cordoni della Borsa sarebbe «una svolta nella storia dell'inventore della Nutella e in quella del paese». Les Echos fa notare che in Italia la rete di fondazioni bancarie e complessi giochi d'influenza permettono a pochi uomini d'affari di tirare le fila con piccolissime partecipazioni nel sistema. «Decisamente – scrive Delacroix - la ‘rivoluzione liberale' promessa nel 1994 da Berlusconi non ha avuto luogo. E' l'influenza della Lega Nord, avversaria dichiarata delle multinazionali?». E' vero, ammette Les Echos, l'Enel si vide tagliare fuori dall'acquisizione di Suez nel 2006, quando Dominique de Villepin sposò a forza Suez con Gas de France, e Sncf si è alleata con Ntv per venire a far concorrenza a Trenitalia, che ha difficoltà a far circolare i suoi treni in Francia.

«Per il resto, l'Italia è in malafede». Contrariamente a quello che Tremonti vuol fare credere ai suoi concittadini, osserva Les Echos, «non esiste una linea Maginot nel settore privato». Quando il governo Villepin ha modificato le norme del Codice monetario e finanziario, lo ha fatto «per proteggere attività che riguardano, da vicino o da lontano, la difesa nazionale». L'agroalimentare non ci rientra affatto. Per semplificare, continua il quotidiano, il governo Fillon non avrebbe niente da dire se oggi Parmalat venisse a comprare Lactalis. «E vedere lo Stato francese dietro l'offensiva di Lactalis su Parmalat è pura fantasia».
C'è "mala fede", prosegue Les Echos, anche quando Tremonti paragona l'apertura delle due economie. La Francia – secondo statistiche Ice 2009 - è il secondo paese al mondo ad attirare investimenti diretti esteri, mentre l'Italia è il 22.mo. Inoltre - secondo dati Cnuced - i flussi francesi verso l'Italia sono calati recentemente. I francesi, sono solo all'ottavo posto tra gli investitori stranieri in Italia.

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