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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2011 alle ore 07:53.

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Ana Botin, figlia di don Emilio e delfino designato alla guida del gruppo Santander, ha rassegnato ieri a sorpresa le dimissioni dalla carica di consigliere di amministrazione delle Generali. Le motivazioni ufficiali, recita il comunicato, sono da mettere in relazione «dell'assunzione di nuovi incarichi nell'ambito del gruppo Santander». Nei fatti, tuttavia, l'impressione diffusa è che la mossa sia da leggere con la volontà del socio spagnolo di Mediobanca di non schierarsi e prendere posizioni nella partita di Trieste in vista del consiglio di amministrazione straordinario, in agenda domani.

La Botin era un amministratore non esecutivo del Leone, in possesso dei requisiti di indipendenza, e dall'anno scorso era anche nel comitato per la corporate governance. E' anche vero, però, che Ana Botin figura tra chi, nel consiglio del Leone, un po' per vecchi legami storici, un po' per affari è considerato più vicino a Vincent Bolloré. Il Santander è parte di quel gruppo C, guidato da Bolloré, vecchio amico di don Emilio, che di Mediobanca ha in portafoglio il 10%. La banca spagnola detiene nel patto di sindacato l'1,84% di piazzetta Cuccia e nel 2004 aveva fatto il suo ingresso nel Cda del Leone in quota ai soci del gruppo C di Bollorè. Insomma, una posizione (e una scelta, quella di dimettersi) assai delicata, in quanto capace di muovere gli equilibri all'interno del consiglio di amministrazione se nel cda di domani la volontà fosse quella di andare alla conta dei voti.

Con le dimissioni di Ana Botin il cda Generali scende sotto la soglia dei 18 componenti (dagli iniziali 19), che viene proposta alla prossima assemblea di aprile quale nuovo numero per il board dopo le recenti dimissioni di Leonardo Del Vecchio. Si apre quindi la questione della sua sostituzione negli organi di governance delle Generali. Ma soprattutto il numero dei membri del board scende a 17, con il risultato finale che quella «minoranza» attivista del board (8 consiglieri che includono gli eletti nella lista di Assogestioni, Paola Sapienza, Cesare Calari e Carlo Carraro, il presidente della Tod's Diego Della Valle, il ceo del gruppo De Agostini Lorenzo Pellicioli, il segretario generale della fondazione Crt e rappresentante di Effetti, Angelo Miglietta, il manager tedesco Reinfried Pohl e il patron del gruppo ceco Ppf Petr Kellner) che ha spinto il presidente delle Generali Cesare Geronzi a convocare il consiglio di amministrazione straordinario della compagnia è sempre meno una minoranza.

Decisive, dunque, appaiono le posizioni dell'imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone, dell'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni, e dell'Avv. Pedersoli, che sarebbero – secondo quanto si apprende – sempre più in imbarazzo per i recenti sviluppi della vicenda delle Generali (le dimissioni di Botin e le continue esternazioni). In attesa di vedere se dopo le schermaglie e i diverbi messi in piazza negli ultimi mesi il cda di domani sancirà una tregua a Trieste, Diego Della Valle, in un'intervista a Les Echos, ha sostenuto che Vicent Bollorè «dovrebbe comportarsi da vero industriale, come fa nel suo gruppo in Francia», invece di seguire «i metodi del passato di Cesare Geronzi». I toni restano accesi, dunque, e la fotografia – riferisce un consigliere – è in continua evoluzione. Così come proseguono frenetici i contatti anche in queste ore e un primo giro d'orizzonti è atteso già oggi a Roma, quando nella capitale convergeranno alcuni consiglieri per il board di domani. In programma ci sono infatti alcuni incontri, anche se non si dovrebbe trattare di veri e propri comitati della compagnia.

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