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Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2011 alle ore 08:15.

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TORINO. Dal nostro inviato
Il consiglio generale della Compagnia di San Paolo ieri ha dato il via libera alla sottoscrizione dell'aumento di capitale di Intesa Sanpaolo. Domani mattina il comitato di gestione effettuerà la delibera tecnica per porre il sigillo formale a questa decisione. Dunque il primo azionista di Ca' de Sass, che oggi ha in portafoglio il 9,8% del suo capitale, ha scelto di non diluirsi. Anzi, con l'inoptato potrebbe salire sopra al 10 per cento.
Alla riunione a Villa Abegg hanno partecipato il consigliere delegato della banca, Corrado Passera, e il presidente del consiglio di gestione, Andrea Beltratti. Con un discorso di tre quarti d'ora Passera ha spiegato come l'aumento di capitale vada inserito nel più ampio piano industriale dell'istituto di credito e ha evidenziato come sia una operazione di sistema chiesta dai regolatori e dalle autorità di vigilanza.
L'incontro è stato preparato accuratamente nei giorni scorsi dalle diplomazie torinesi e milanesi. Il passaggio era tutt'altro che scontato. Prima di tutto perché il 27 settembre scorso, sempre a Villa Abegg, Passera aveva negato la necessità di un aumento di capitale. Poi perché il presidente della Compagnia, Angelo Benessia, su questo tema è sembrato ondivago, passando dalle parole del 24 aprile dell'anno scorso in consiglio comunale a Torino «speriamo di poter restituire interamente al mercato il controllo e la gestione delle banche con l'uscita definitiva delle fondazioni» all'adesione alla strategia sistemica pro aumenti di capitale avallata anche dal leader dell'Acri, Giuseppe Guzzetti. Tanto che i documenti ufficiali della Compagnia, precedenti alla moral suasion sulla ricapitalizzazione delle banche esercitata dal governatore della Banca d'Italia Draghi e dal ministro dell'Economia Tremonti, suggerivano l'alleggerimento della quota in Intesa: negli uffici torinesi si parlava di un calo dal 9,8% al 7,8 per cento. Infine, nessuno sottovalutava la riunione di ieri perché per la prima volta, su un dossier delicato e oneroso, veniva verificata la tenuta della nuova governance della Compagnia, segnata meno dalla primazia di Benessia e più dalla condivisione delle decisioni con il consiglio generale. Consiglio che è ampio (21 i suoi membri) ed eterogeneo (professori universitari, piccoli imprenditori, avvocati, religiosi). Dunque, suscettibile dei più diversi umori. Non a caso l'ex prorettore del Politecnico Marco Mezzalama e l'americanista Giangiacomo Migone si sono chiesti quali ricadute potranno esserci per Torino. Passera ha risposto che la sede legale del gruppo, l'information technology e la Banca dei territori sono a Torino. Quindi, ha annunciato che questa città ospiterà il ramo danni del futuro polo assicurativo.
In merito all'aumento di capitale, Mezzalama e Migone hanno manifestato dubbi sulla sua natura di operazione di sistema. A quel punto il giurista Stefano Ambrosini, membro della commissione patrimonio della fondazione, ha giocato d'anticipo analizzando le potenziali criticità dell'operazione: è vero, forse potrebbero esserci attività più redditizie e meno rischiose dell'investimento in una banca. Ma, al di là del fatto che se una operazione è buona per il sistema è buona anche per la banca, entrando nel merito Ambrosini ha ricordato che, per quante incognite vi siano, se il piano industriale è solido, il flusso dei dividendi sarà importante. E, così, potrà alimentare le erogazioni della fondazione sul territorio. Intesa Sanpaolo prevede di distribuire agli azionisti, entro la fine del 2015, 13,5 miliardi di euro. La Compagnia dovrebbe dunque incassare 1,35 miliardi di euro. Una posizione che è stata fatta propria anche da Matteo Caroli, economista della Luiss e coordinatore della commissione patrimonio, e da Alberto Dal Poz, ex leader dei giovani imprenditori dell'Unione industriale di Torino, convincendo alla fine l'intero consiglio.
L'aumento di capitale vale cinque miliardi di euro. L'esborso torinese sarà intorno ai 500 milioni. Il patrimonio della Compagnia si aggira intorno ai 6,2 miliardi. «Abbiamo considerevole liquidità - ha spiegato Benessia - non avremo necessità di smontare progetti in corso. Né abbiamo bisogno di fare debito, anche se l'advisor potrebbe suggerire di ricorrere alla leva finanziaria». Domani mattina il comitato di gestione, che ha come presidente Benessia e come vicepresidenti Suor Giuliana Galli del Cottolengo e l'imprenditore agricolo Luca Remmert, inizierà ad affrontare anche questi aspetti tecnici.
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