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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2011 alle ore 08:11.

Fiat sale al 30% di Chrysler avendo raggiunto le condizioni (leggermente modificate) del secondo performance event, ovvero il secondo dei tre eventi previsti dal contratto siglato nel 2009. Le condizioni sono legate alla distribuzione di veicoli Chrysler da parte di Fiat; l'aumento della quota Fiat è gratuito e deriva dalla riduzione delle partecipazioni degli altri soci, scese al 59,2% per il fondo Veba gestito dal sindacato Uaw, all'8,6% per il Tesoro Usa e al 2,2% per il Governo canadese.
Ieri Sergio Marchionne, amministratore delegato sia di Fiat che di Chrysler, è tornato a Balocco (invitata era la stampa straniera) e ha detto che l'azienda italiana «potrebbe salire anche oltre il 51%» nel capitale di Chrysler perché «l'azienda ci piace». I passi per arrivarci (si veda il dettaglio nell'articolo qui a fianco) dipendono anche dal negoziato con gli attuali soci, prima di tutto il Tesoro Usa. Di sicuro, una volta raggiunto (ed eventualmente superato) il 51%, nel medio-lungo termine l'obiettivo è la fusione, di pari passo con la crescente integrazione industriale. Proprio ieri, per esempio, Bob Lee – numero due dei motori Chrysler – ha detto che l'azienda Usa potrebbe lanciare tra qualche anno negli Usa auto a metano, una tecnologia che è tra i punti di forza della Fiat.
In questo contesto il passo di ieri era ampiamente annunciato, e rientra nel percorso di crescita previsto dal contratto di due anni fa. «Un fatto positivo» ha commentato la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, secondo la quale «Fiat persegue in modo deciso la sua politica di aggregazione con Chrysler, mi pare che vada nella forma già definita»; non dà giudizi il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta: «Io rispetto le logiche di mercato – afferma – lascio tranquillamente le imprese da sole quando si comportano in termini di mercato». Preoccupato il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, secondo il quale «c'è il rischio che l'azienda americana diventi la testa dell'auto italiana».
La novità di ieri è costituita dalla modifica delle condizioni del secondo performance event, che sono state ritoccate in termini più vantaggiosi per Chrysler. Vediamo come. Le due condizioni iniziali erano il raggiungimento da parte di Chrysler Group di ricavi cumulativi superiori a 1,5 miliardi di dollari al di fuori dei paesi Nafta (già raggiunta nel primo semestre 2010) e la vendita di veicoli Chrysler nel 90% dei concessionari Fiat in America Latina.
Questa seconda tappa si è rivelata più difficile del previsto, a causa della tutela che la legge brasiliana garantisce ai vecchi concessionari Chrysler (quelli dei tempi dell'alleanza con Daimler); l'ostacolo è stato aggirato prevedendo che tra i veicoli Chrysler siano inclusi anche quelli venduti con uno dei marchi di Fiat.
Si sono inoltre aggiunte altre condizioni: la distribuzione di veicoli Chrysler in Europa da parte del 90% dei concessionari Fiat (inclusi veicoli del Gruppo Chrysler venduti con uno dei marchi di Fiat) e il computo delle emissioni di CO2 ai fini della normativa Ue aggregando le flotte di veicoli Chrysler Group e Fiat.
Infine, il nuovo accordo prevede la remunerazione di Chrysler per l'utilizzo da parte di Fiat o sue collegate delle sue tecnologie al di fuori dei Paesi Nafta. Ciò significa che Fiat dovrà pagare all'azienda Usa una royalty – per esempio – sulle Chrysler che da quest'anno verranno vendute come Lancia o Fiat in Europa. «Le modifiche permettono alla Chrysler di ottenere un maggior valore e una più ampia distribuzione dall'accordo con la casa italiana» ha dichiarato Shawn Morgan, una portavoce di Chrysler. Il contratto fra le due aziende prevede già royalties in direzione opposta: per esempio, la casa americana paga una fee a Fiat su ogni 500 prodotta e venduta sui mercati americani (e anche su quelle che dal Messico verranno spedite in Cina).
Marchionne è tornato ieri a parlare anche del mercato russo, sul quale Fiat dovrebbe annunciare a maggio novità dopo lo stop al progetto con Sollers. Tra i partner con cui Fiat sta parlando in Russia – ha detto il manager – c'é anche la TagAz. «Tecnicamente» Fiat potrebbe anche operare anche da sola nel Paese, ha detto Marchionne, ma «sarebbe più facile con un partner»; ha poi aggiunto che Fiat ha in corso trattative con la banca pubblica russa Veb per finanziare la creazione di un impianto destinato a produrre fino a 300mila unità nel Paese. Quanto al ritorno dell'Alfa negli Usa, ha detto che il primo modello sarà la spider 4C Gta (presentata a Ginevra come concept e destinata ad essere prodotta in piccola serie); seguirà il Suv prodotto a Mirafiori. Parlando dell'impatto del terremoto in Giappone, infine, Marchionne ha detto che Chrysler potrebbe dover alzare i prezzi a causa delle interruzioni nelle forniture di componenti elettronici.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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