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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2011 alle ore 13:54.

Nella foto l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera (Agf)Nella foto l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera (Agf)

Le banche italiane intendono tornare a pagare dividendi agli stessi livelli raggiunti prima della crisi finanziaria, o a livelli "anche più alti". Lo hanno detto al Financial Times, in due interviste separate, l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, e il direttore generale di Monte dei Paschi di Siena, Antonio Vigni.

"Ribaltando la strategia" dei dividendi affermata fino a pochi mesi fa, i banchieri hanno affermato che, una volta incamerati i fondi delle emissioni azionarie, riprenderanno a distribuire in dividendi la metà o più degli utili annuali.

"Non ci sono restrizioni", ha detto Passera al Ft. "In questo mondo incerto è importante prendere impegni sui dividendi. Saranno molto alti, superiori al 50%".

Vigni ha detto che i dividendi saranno "in linea" con il "payout ratio" del 40-50% di prima del 2008, "tra i più alti pagati dalle banche globalmente", precisa il Ft.

Soltanto sei mesi, fa notare il Ft, le banche italiane erano "rassegnate" all'idea che avrebbero dovuto dimezzare il rapporto dividendi-utili, in seguito alle pressioni della Banca d'Italia, che sollecitava il taglio dei dividendi per rafforzare il capitale trattenendo gli utili.

Ma la posizione della Banca d'Italia, guidata da Mario Draghi, e del ministro dell'Economia Giulio Tremonti è cambiata, spiega il quotidiano britannico. Entrambi hanno aumentato le pressioni sulle banche affinché si adeguino agli standard sui capitali richiesti da Basilea III, che ufficialmente entrano pienamente in vigore nel 2019.

In una sorta di "effetto domino", sono così arrivati annunci di aumenti di capitale da parte delle quattro principali banche italiane: dall'inizio dell'anno – osserva il Ft - Banco Popolare, Ubi Banca, Intesa e Mps hanno annunciato raccolta di capitale per un importo complessivo di 10,5 miliardi di euro.

Fino a poco tempo fa, Passera sosteneva che Intesa non aveva bisogno di emissioni azionarie. Ma – si legge - il messaggio delle autorità italiane ed europee, oltre che di buona parte dei mercati, era quello di arrivare presto al nuovo livello di capitale considerato "normale".

Passera ha segnalato anche che i capitali ottenuti dalla vendita o da offerte pubbliche di società partecipate come Fideuram potranno essere utilizzati per finanziare acquisizioni. L'ad di Intesa si aspetta che tali vendite porteranno 5 miliardi di euro nei prossimi anni. Non avendone più bisogno per rafforzare il capitale, guarderà ad acquisizioni nell'Est europeo (Polonia) e nel Mediterraneo (Egitto).

Nell'intervista, Passera è, secondo il Ft, "restio" a precisare quando sono arrivate le pressioni da parte di personaggi come Draghi, Tremonti e Andrea Enria, il presidente italiano dell'Autorità bancaria europea. Ma ammette che è stato "solo nelle ultime settimane".

Le banche italiane, ricorda il quotidiano, hanno registrato un ristagno dei prezzi azionari in parte a causa dei capital ratio non in linea con i rivali europei, in parte a causa delle deboli prospettive di crescita italiane.

Passera ritiene che il suo piano strategico triennale affronti anche queste preoccupazioni. E, a proposito delle statistiche sulla crescita, osserva: "L'Italia non esiste". Le nove regioni in testa, dove la banca ha il 60% del proprio business, "se fossero un paese sarebbe in cima alle classifiche europee". L'ad di Intesa sottolinea la necessità di investire almeno 100 miliardi di lire nei prossimi cinque anni nelle infrastrutture italiane.

Parlando al Financial Times, Passera inoltre difende la propria ricerca di una "soluzione italiana" per Parmalat, importante quando un'impresa si trova al termine di "una lunga catena di imprese rilevanti in termini di occupazione".

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