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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2011 alle ore 07:49.
Forse si tratta solo di schermaglie tattiche. O di messaggi lanciati in sede di consiglio di amministrazione, affinchè il vertice guidato dal presidente Massimo Ponzellini ne tenga conto nei continui contatti con Bankitalia. È certo, però, che anche ieri al cda della Bpm non sono mancati i momenti di contrapposizione tra le varie anime della banca.
Punto centrale del dibattito interno al board, finito a tarda serata, è stata – oltre all'aumento di capitale monstre di 1,2 miliardi – la discussione sulla «radicale semplificazione e riorganizzazione del gruppo». Espressione, ripresa fedelmente dal verbale ispettivo di Bankitalia, che significa varo della "banca unica" con la fusione in Bpm delle controllate Banca di Legnano, Cassa di Alessandria e Popolare di Mantova. Ipotesi non condivisa da tutto il consiglio. Tanto che, a fine serata, c'era chi arrivava a mettere addirittura in dubbio che la fusione possa davvero essere approvata nell'aggiornamento del piano industriale che sarà esaminato dal cda del 12 maggio.
La fusione delle tre banche genererà un rilevante risparmio di costi per il gruppo, oltre ai vantaggi fiscali (con il venir meno delle imposte sulle operazioni infragruppo). Ma taglierà anche tre consigli di amministrazione e tre direzioni generali, sostituite da tre aree commerciali. Eliminando poltrone (ed emolumenti), che spesso sono ricoperte dai consiglieri della Bpm. Il presidente della Banca di Legnano, per esempio, è Enrico Corali (consigliere Bpm in quota Fisac-Cgil). E nel consiglio di Bpm siede anche il vicepresidente della Legnano Emilio Castelnuovo. Stesso discorso per le altre controllate, dove i consiglieri di Bpm siedono con emolumenti accessori più o meno elevati. In caso di fusione, tutte queste cariche salteranno. E qualcuno si prepara a resistere. Anche se difficilmente gli oppositori riusciranno a impedire un passaggio che Bankitalia giudica fondamentale per la razionalizzazione e l'efficienza del gruppo.
Altri momenti di tensione nel board, sono arrivati a sopresa quando il rappresentante del Credit Mutuel ha avanzato la richiesta che la banca francese avesse un ruolo da global coordinator in sede di aumento di capitale della Bpm. Ipotesi che poi non è stata accolta, ma che pare abbia poi portato alla decisione del consiglio di allargare il consorzio di garanzia rispetto alle sole Mediobanca e Akros indicate nel comunicato. Più che un incidente, un segnale che nel cda della Bpm ognuno sembra muoversi in ordine sparso. Con grande disagio per il presidente Ponzellini, che poche settimane fa si era visto respingere la proposta di un aumento di capitale da 600 milioni e ora – dopo l'ispezione di Bankitalia – vede che il consiglio si prepara a dare via libera a un aumento da 1,2 miliardi.
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