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Questo articolo è stato pubblicato il 23 aprile 2011 alle ore 08:17.
Entro la fine del 2011 Chrysler potrebbe diventare una controllata al 51% del gruppo Fiat. E poi? Di pari passo con l'integrazione industriale, che procederà a passo accelerato, Sergio Marchionne dovrà gestire almeno altre due operazioni finanziarie di peso: il collocamento in Borsa delle azioni Chrysler (Ipo) e la possibile fusione con Fiat. Quale verrà prima? E che aspetto avrà il gruppo nella versione finale?
La situazione al 31 dicembre di quest'anno, che potrebbe essere quella indicata nell'immagine in alto: Exor avrà il 30,4% di Fiat spa che ha adesso; Fiat spa controllerà il 100% di Fiat Auto e il 51% di Chrysler, dopo l'acquisto del 16% (operazione in cui l'azienda italiana è assistita dall'advisor Citigroup) e il 5% ottenuto con il lancio della Dodge a basso consumo con motore Fiat. Il restante 49% dell'azienda americana sarà in mano ai governi di Usa (6%) e Canada (2%) e al fondo Veba che gestisce l'assistenza sanitaria ai pensionati Chrysler (41%). Sia il Veba che i due governi hanno intenzione di uscire il prima possibile, per motivi economici da un lato, politici dall'altro. Il collocamento in Borsa delle loro azioni, tramite l'offerta pubblica (Ipo), è la strada più naturale.
Marchionne (nella sua veste di manager Fiat) ha in mano due importanti carte da giocare. La prima è rappresentata dal potere di bloccare l'Ipo Chrysler fino al 1° gennaio 2013; la seconda è costituita da due opzioni in mano al Lingotto: una per acquistare la quota residua dei governi di Usa e Canada, a partire da un anno dopo il rimborso dei debiti; l'altra per rilevare fino al 40% di quella del Veba (dal 1° luglio 2012 e in rate annuali non superiori al 4,4% del capitale ogni sei mesi). Le due opzioni sono a prezzi diversi a seconda che siano esercitate prima o dopo l'Ipo.
Finora Marchionne non si è sbilanciato sull'ipotesi di portare la quota Fiat al di sopra del 51 per cento, né sui tempi dell'Ipo: «L'argomento deve ancora essere discusso con il board Chrysler» ha risposto agli analisti. In un primo tempo sembrava che l'operazione potesse svolgersi già entro fine anno, ma ora i tempi sembrano allungarsi e puntare verso i primi mesi del 2012. In parte dipenderanno dalle condizioni dei mercati.
Lo sbarco in Borsa precederà con grande probabilità la fusione tra le due aziende: l'ipotesi ha il vantaggio di fornire un parametro obiettivo di valutazione delle azioni Chrysler, fugando ogni possibile dubbio Usa su conflitti di interesse di Marchionne (come capo sia di Fiat che di Chrysler) e della stessa società italiana. Con le due aziende quotate il concambio verrebbe definito di fatto dal mercato. Il manager ha ribadito nella conference call di giovedì quanto già espresso ai primi di febbraio negli Usa: «Non c'è alcun bisogno di avere due società quotate separatamente: prima o poi ci sarà una sola corporation quotata». Quando Daimler si era fusa con Chrysler alla fine degli anni 90, la nuova DaimlerChrysler era rimasta quotata sia in Germania che negli Usa.
Marchionne aveva detto due mesi fa che la futura FiatChrysler (o ChryslerFiat) «potrebbe anche essere basata negli Usa», provocando una levata di scudi contro il trasferimento della sede centrale del nuovo gruppo oltreoceano. Oltre ai problemi politici e sindacali, un'eventuale trasferimento della sede legale di Fiat fuori dall'Italia comporterebbe anche il diritto di recesso per gli azionisti a un prezzo di Borsa pari alla media dei sei mesi precedenti; ciò potrebbe rivelarsi oneroso, a meno di non attendere un momento in cui il prezzo di Borsa sia nettamente superiore a quello medio dei sei mesi – o di strutturare l'operazione in modo da aggirare l'ostacolo.
Una fusione "secca" tra Fiat spa e Chrysler entrambe quotate richiederebbe la conversione in ordinarie delle azioni privilegiate e di risparmio Fiat; dopo la fusione Exor, la holding degli Agnelli, manterrebbe con una quota del 22% del nuovo gruppo – un livello coerente con quanto più volte espresso da John Elkann sulla volontà della famiglia di accettare la diluizione pur di far crescere Fiat. Un'alternativa ipotizzata da Banca Akros sarebbe quella che Fiat spa conferisca tutte le proprie attività (o parte di esse) a Chrysler ottenendo nuove azioni; Exor manterrebbe dunque il 30,4% di Fiat spa che farebbe da sub holding, con una quota fra il 58 e il 74% della nuova ChryslerFiat domiciliata negli Usa. Il livello della partecipazione dipenderebbe da quanto conferito; qualcuno scommette, per esempio, che la Ferrari rimanga nella scuderia degli Agnelli.
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