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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2011 alle ore 08:39.

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Pecora nera del mercato mondiale dei derivati fuori borsa – per lo meno agli occhi di un'Europa alle prese con l'indomabile crisi del debito pubblico – il credit default swap sul rischio sovrano non perde occasione per esasperare gli animi degli operatori.

I crescenti timori sull'inevitabilità della ristrutturazione dei titoli di stato greci sono stati accompagnati in questi giorni dall'incremento del costo dei Cds sulla Grecia: questi contratti hanno toccato quota 1.300 centesimi di punto percentuale (13%) equivalente a un costo di 1,3 milioni all'anno per assicurarsi contro l'eventualità della bancarotta di Atene, per 5 anni su 10 milioni di debito greco (dove un centesimo di punto percentuale o punto base equivale a 1.000 euro). Quel che però l'Europa intende evitare a tutti i costi è proprio l'attivazione di questi swap nel caso di rimodulazione del debito greco: per scongiurare il pericolo di un effetto-domino negativo con ripercussioni imprevedibili.

Gli studi legali di banche e investitori che hanno in portafoglio grandi quantità di titoli greci o che hanno venduto i Cds sulla Grecia sono già al lavoro per valutare cosa accadrà nel peggiore dei casi possibili, il "worst case scenario" che di questi tempi è sul tavolo di tutti i trader. Una tesi avanzata dagli addetti ai lavori è che l'assicurazione dei Cds sulla Grecia non scatterà (non sarà rimborsato il danno da parte dell'assicuratore) nel caso in cui la ristrutturazione dovesse essere fatta su base volontaria.

Per quanto riguarda le agenzie di rating e la documentazione dei contratti swap, tuttavia, un evento di default avviene nel momento in cui gli interessi sul debito o il rimborso del capitale non sono pagati puntualmente e integralmente. Questo significa che nel caso in cui le durate dei titoli di stato greci dovessero essere allungate, o le cedole abbassate, in automatico scatterebbe il default. Nel gergo tecnico, si tratta del famigerato "trigger credit event". Tutto sta a capire, a questo punto, cosa accadrebbe nel caso in cui la Grecia dovesse proporre ai sottoscrittori dei bond una ristrutturazione del debito senza haircut (taglio sul capitale) e se questi dovessero accettare su base volontaria: c'è chi avanza l'ipotesi, come Deutsche Bank, che questo potrebbe bastare per bloccare l'attivazione dei Cds.

I margini di manovra per la Grecia ci sono: la stragrande maggioranza dei titoli di stato greci è regolata dalla legge nazionale greca, che, stando agli esperti potrebbe facilitare questo tipo di ristrutturazione "soft". I pochi titoli greci che sottostanno alle leggi internazionali hanno già incorporata la "collective action clause" e prevedono la modifica dei termini del prestito previo consenso dei creditori, senza imposizioni. I credit default swap sulla Grecia sono però piccola cosa rispetto ai problemi del Paese: il loro controvalore nozionale ammonta al 6% circa del volume dei titoli di stato in circolazione. I Cds sul rischio sovrano gettano sicuramente benzina sul fuoco della crisi del debito dei periferici: una tanica di benzina dentro un vulcano acceso.

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TAG: Grecia

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