Le Pagine Gialle sono ancora redditizie: col 51% la Spa vanta un margine Ebitda da far invidia ai monopolisti delle tlc. Ma Seat è schiacciata da un debito che nel giro di un anno le toglierà l'ossigeno: 2,7 miliardi di indebitamento netto, eredità dell'ultimo leveraged buy-out promosso nel 2003 da un gruppo di fondi di private equity, che la società non sa come ripagare.

Urge la ristrutturazione del debito, per la quale il management ha ottenuto il mandato dal cda del 16 marzo. Candidato naturale alla rinegoziazione è il bond emesso dal veicolo lussemburghese Lighthouse nel 2004 per rimborsare un prestito in pool guidato da Royal Bank of Scotland e servito a finanziare parte dell'erogazione del maxi-dividendo da 3,6 miliardi, a sua volta servito ai fondi al comando per rientrare in parte del costo dell'acquisizione.

Il bond, assistito da garanzia Seat, è diventato col tempo un titolo "spazzatura": con una cedola dell'8%, sul mercato tratta intorno a 40, e poichè il rimborso è fissato a 100, offre un rendimento teorico superiore al 60%, sintomo di altissimo rischio. Col 36%-50% dell'emissione in portafoglio i fondi-avvoltoio, che cercano di sfruttare le situazioni di stress finanziario, si sono costituiti in comitato per vendere cara la pelle. Sul tavolo l'alternativa tra una decurtazione drastica del prezzo di rimborso o la conversione in azioni che li renderebbe i nuovi padroni di Seat. Ma c'è l'incognita di chi si è riempito di credit default swap, che avrebbe tutto da guadagnare se la società saltasse. Convitato di pietra l'azionariato di minoranza, che rischia comunque di perdere tutto. Con tanti saluti ai sogni di gloria della new economy.

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