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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2011 alle ore 07:54.

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Gli strumenti derivati e le cartolarizzazioni restano nei bilanci delle banche, nei trading book e nei banking book. Non spariscono perché sono oramai parte integrante dei mercati e perché assolvono una funzione essenziale di distribuzione, copertura e gestione dei rischi.

Ma per evitare che la finanza derivata e strutturata diventi a sua volta un rischio, addirittura sistemico per colpa degli eccessi della speculazione, dell'illiquidità e dell'opacità o della mina-controparte, spetta d'ora in avanti alle banche e agli intermediari "trattarla con cura". Agli istituti di credito, sicuramente quelli troppo grandi per poter andare in bancarotta (too big to fail) ma in prospettiva anche quelli di dimensioni medio-piccole, sono stati imposti «cambiamenti epocali» per accomodare i vizi e le virtù di derivati e cartolarizzazioni: una maggiore capitalizzazione, un migliore risk management e un consiglio di amministrazione più consapevole e competente anche nei confronti delle strutture più complesse.
«La crisi del sistema finanziario è stata causata principalmente da tre fattori: le banche avevano poco capitale, cioè bilanci eccessivamente grandi; il risk management era divenuto inadeguato rispetto alle crescenti complessità della finanza; le conoscenze e le competenze nei cda erano carenti rispetto all'evoluzione dei mercati - è la conclusione alla quale è giunto Marco Mazzucchelli, deputy chief executive officer di Rbs –. Tutto questo ora è cambiato e sta cambiando: la capitalizzazione delle banche è più che raddoppiata e i bilanci sono divenuti più piccoli; il risk management è stato sottoposto a cambiamenti che definirei epocali e la conoscenza delle innovazioni finanziarie dei membri dei cda delle banche globali è cresciuta notevolmente».

Il cambiamento più visibile è naturalmente quello delle ricapitalizzazioni: gli aumenti di capitale sono tali e tanti da far lievitare continuamente il core Tier One. E anche le modalità di calcolo del Tier One sono diventate più severe. Complessivamente, l'industria bancaria è molto più solida. La metamorfosi più radicale, ma anche invisibile agli occhi esterni al sistema, è quella del risk management. In sostanza, alle banche viene richiesto un maggiore accantonamento di capitale a fronte dei rischi di mercato nel trading book. È stato introdotto un nuovo modello di Var (Value at risk), con un'aggiunta di nuove categorie di rischio rispetto al passato: inoltre, alle banche viene richiesto di valutare il rischio rispetto a una decina di scenari di stress, tra i quali il contagio. Il periodo di stima delle situazioni di stress (il peggiore scenario possibile) utilizza statistiche per periodi di 12 mesi ma risalendo dal 2006. «Il nuovo Vat, a conti fatti, raddoppia il capitale accantonato rispetto al passato», è la stima degli addetti ai lavori.

Il giro di vite ha riguardato anche le cartolarizzazioni. È vero che sono indispensabili per abbattere il costo della raccolta delle banche ma al tempo stesso sono divenute più care dispetto al passato: chi genera una cartolarizzazione deve tenere sui libri una parte del rischio, che è stato trasferito dal trading book al banking book che ha requisiti di capitale più stringenti. In quanto al rischio controparte, soprattutto quello collegato agli swap che non sono negoziati in Borsa o attraverso una clearing house (cassa di compensazione e garanzia), il capitale richiesto a fronte del rischio di controparte è aumentato notevolmente rispetto al passato.
I. B.

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