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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2011 alle ore 08:11.

L'Opa di Lactalis su Parmalat non è obbligatoria, ma per essere considerata equa dovrebbe ugualmente tener conto dei prezzi più elevati pagati dalla società francese per costruire la sua quota di maggioranza relativa (2,8 euro). È questa condizione alla quale il board della società agroalimentare emiliana si prepara a vincolare il suo "si" all'offerta pubblica lanciata dal gruppo transalpino. Una raccomandazione ad aderire che ben difficilmente potrebbe essere data se, al contrario, quel corrispettivo rimarrà inchiodato agli attuali 2,6 euro. Va subito aggiunto che il comportamento della società transalpina è del tutto legittimo, poiché soltanto nelle Opa obbligatorie (ma non quelle volontarie come nel caso di Lactalis-Parmalat) il prezzo dell'offerta deve essere il maggiore tra quelli pagati dallo scalatore per superare la soglia Opa del 30 per cento.
Il maggiore interrogativo riguarda però gli effetti che un giudizio negativo del consiglio di amministrazione di Parmalat potrebbe avere sulle attuali caratteristiche dell'operazione. Riuscirebbbe a cambiare gli orientamenti iniziali di Lactalis? Proprio ieri sono entrate in vigore le nuove norme del regolamento Opa della Consob, approvato nelle scorse settimane, che tutelano maggiormente gli investitori chiamati ad aderire, o meno, alle offerte. Quelle disposizioni, però, non avranno effetto sull'Opa di cui si discute per il fatto che è stata lanciata in una data anteriore all'avvio del nuovo regolamento. Tra le norme più innovative che non potranno essere invocate vi sono proprio quelle che consentono una riapertura dei termini dell'Opa per limitare la cosiddetta "pressione a vendere". Cioè quella sfavorevole condizione in cui si trovano i possessori dei titoli che sono spinti a consegnarli all'offerente, anche se considerano non congruo il corrispettivo, perché diversamente rischierebbero di ritrovarsi in una situazione ancora peggiore.
Con la vecchia regolamentazione la riapertura dei termini senz'altro non vi sarà, però probabilmente la società potrebbe comunque mettere in atto iniziative atte a accertare il livello di consenso che l'offerta di Lactalis incontra tra i suoi azionisti. L'Opa, com'è noto, è condizionata all'assenza di iniziative di contrasto da parte dell'emittente. Ebbene il cda di Parmalat, rispettando la passivity rule - prevede un'autorizzazione preventiva dei soci ad iniziative di difesa – potrebbe appunto convocare un'assemblea proprio per valutare la praticabilità di una simile strada. A quel punto la maggioranza degli azionisti sarebbe in condizione di decidere il da farsi, anche di rigettare l'operazione.
Un'altra questione di cui si è discusso in questi giorni sono i tempi dell'offerta rispetto a quelli dell'assemblea di Parmalat, convocata per fine giugno. L'Opa si concluderà prima del meeting ma non è detto che le azioni, pur consegnate, possano fisicamente essere trasferite all'acquirente in tempo perché questi possa votare. Un'eventualità - è stato detto – che potrebbe aprire i giochi tra le liste di minoranza (ben tre) che già sono state presentate per l'assemblea, al fine di aggiudicarsi quanto meno i due posti di minoranza nel nuovo consiglio. Ma, in quel caso, anche Lactalis potrebbe prendere le sue contromisure. Ad esempio chiedendo che, al momento dell'adesione, gli azionisti di Parmalat deleghino proprio la società francese a rappresentarli in assemblea.
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