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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2011 alle ore 07:52.

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Un anno fa il premier George Papandreou varò una finanziaria lacrime e sangue, una mossa cruciale sulla via del recupero di competitività attraverso la riduzione dei salari che seguiva altre due manovre varate in dodici mesi. A dicembre 2009 il Governo aveva deciso tagli per 9,8 miliardi di euro, a cui era seguito un secondo aggiustamento dei conti a febbraio 2010 per 1,2 miliardi e a marzo la terza stretta da 4,8 miliardi voluta dalla Ue. La manovra ter, prevedeva il taglio della quattordicesima e tredicesima mensilità (del 20%), una riduzione delle indennità salariali (complessivamente del 12%), il congelamento delle pensioni (che si aggiungeva a quello di tutti i salari pubblici già annunciato), aumentava l'Iva (dal 19% al 21%), eliminava i bonus agli alti funzionari, aumentava le imposte su alcol (+20%), sigarette (+65%), benzina, e beni di lusso. Anche il rogito diventava più salato e gli interessi del prestito prima casa non più deducibili.

Colpite anche le associazioni no-profit e della Chiesa, fino a quel momento esentasse. Inoltre scattò la lotta all'evasione su un'economia sommersa pari al 27% del Pil e una corruzione pari all'8 per cento. Secondo l'Fmi «il 75% dei lavoratori autonomi greci dichiarava meno di 12mila euro, limite sotto il quale scatta l'esenzione». Senza contare che poco dopo il Governo liberalizzò le concessioni delle licenze per il settore dell'autotrasporto dopo un duro braccio di ferro con la categoria.

Un anno dopo a che punto siamo? Nonostante i rapidi progressi del 2010, gli aumenti sul fronte delle entrate sono largamente al di sotto degli obiettivi come evidenziato dai dati ufficiali di ieri nei primi quattro mesi del 2011. Le entrate nel quadrimestre sono a -9,2% rispetto all'anno precedente e a fronte di un incremento previsto dell'8,5% anno su anno. Il fallimento è dovuto ai meccanismi di controllo fiscale ancora inadeguati, alla restituzione di crediti, alla riduzione del gettito fiscale dovuto all'aumento della disoccupazione che ora viaggia al 15 per cento. Anche il taglio delle spese non ha centrato l'obiettivo, seppure di poco. In sostanza il disavanzo che dovrebbe scendere del 3,9% annuo nel 2011 registra ad oggi un incremento del 13,5 per cento.

Perché Atene è in affanno? Il deficit per il 2010 si è attestato al 10,5% (secondo in Europa, dopo l'Irlanda al 32,4% e prima del Regno Unito al 10,4%) ma con una riduzione di ben 5 punti. Il dato è peggiorativo rispetto alle previsioni 2010 (9,4%) per una serie di motivi: la recessione, al 4,5%, è stata più pesante del previsto. Le pesanti misure fiscali (aumento dell'Iva, accise, taglio degli stipendi pubblici e spesa statale) hanno "gelato" la crescita pesando per circa lo 0,75% del Pil.

L'aumento della disoccupazione (oltre il 15%) ha provocato una riduzione delle entrate per lo 0,5% del Pil. A questo si è aggiunto il ripianamento di debiti pregressi da parte delle amministrazioni locali che ha peggiorato il risultato di un altro 0,25% del Pil. Inoltre lo sforamento delle spese ospedaliere su cui ora il Governo si sta concentrando ha peggiorato il risultato di un altro 0,3% del Pil.

Quindi, bene che il deficit sia stato dimezzato in un anno e il debito pubblico sia aumentato in 4 anni dal 2007 "solo" del 37 per cento. Male, invece, la lotta all'evasione e l'impatto delle manovre che hanno rallentato l'economia e "gelato" i consumi. (V.D.R.)

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