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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2011 alle ore 07:53.

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L'insider trading «è il cuore del problema». È attorno a questo presupposto che si sta dipanando l'inchiesta avviata dal sostituto procuratore di Milano Eugenio Fusco sulla scalata dei francesi di Lactalis alla Parmalat. L'insider trading è quello contestato a Fabio Canè, manager di primo piano di Intesa SanPaolo e marito di Patrizia Micucci, responsabile Coverage and investment banking di Societé Générale in Italia. Secondo l'ipotesi investigativa della procura, Cané avrebbe trasmesso alla moglie informazioni riservate per consentire a SocGen di acquistare dai fondi esteri Skagen, Mackenzie e Zenith il pacchetto di azioni Parmalat determinante per far conquistare a Lactalis il controllo del gruppo di Collecchio.

Nel frattempo il numero degli indagati sale a sette. Oltre alle quattro persone fisiche – Carlo Salvatori, presidente di Lazard Italia, Patrizia Micucci, Fabio Canè e Massimo Rossi, il manager che i tre fondi indicarono come numero uno nella lista per il Cda in vista dell'assemblea Parmalat dello scorso 14 aprile – ora ci sono anche tre persone giuridiche. Sono le banche che hanno avuto un ruolo di primo piano nella vicenda: Intesa Sanpaolo, Societé Générale e Lazard. Sono state iscritte nel registro degli indagati in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità oggettiva delle aziende in quanto legate rispettivamente a Canè, Micucci e Salvatori.

Mentre si esamina l'enorme mole di materiale sequestrato nelle perquisizioni di mercoledì, il faro dell'inchiesta si sposta sempre più su Intesa SanPaolo. Nella sede della banca milanese i militari della Guardia di Finanza hanno acquisito il «Registro delle persone che hanno accesso a informazioni riservate», previsto dall'articolo 115 bis del Testo unico della finanza che obbliga le società quotate a istituire, e ad aggiornare continuamente, un elenco di coloro che per la loro attività o funzione abbiano accesso alle informazioni privilegiate indicate dal primo comma dell'articolo 114 dello stesso Testo unico. Nel registro vanno indicate le notizie che si ritengono privilegiate e i soggetti che ne sono a conoscenza. Ma cosa c'è scritto nel registro di Intesa SanPaolo? Chi conosceva l'interesse dell'istituto di credito per l'operazione Parmalat? Solo Fabio Canè? Sarà quello che gli investigatori dovranno adesso appurare.

È possibile che per accertare i fatti occorrerà ascoltare tutti i manager della banca i cui nomi sono trascritti in quel registro. Anche perché sembra impossibile che all'interno dell'istituto nessuno si sia posto il problema del legame tra Canè e Micucci: marito e moglie coinvolti su fronti contrapposti nella battaglia per la conquista di Parmalat. In realtà (si veda Il Sole-24 Ore di ieri), un dubbio ha attraversato la mente del direttore generale di Intesa SanPaolo, Gaetano Micciché, di cui Canè è il braccio destro. Non si spiegherebbe altrimenti la decisione di ricorrere a un parere pro-veritate commissionato allo studio del civilista Pedersoli per capire se il coinvolgimento di Canè prefigurasse qualche problema legale per la banca. Non è la prima volta, infatti, che marito e moglie si ritrovano su fronti diversi in un'operazione finanziaria. Era già accaduto all'inizio del 1997, quando Patrizia Micucci ricopriva il ruolo di executive director della Lehman Brothers e Canè era partner della società di consulenza strategica Bain Cuneo.

La vicenda fu raccontata in alcuni articoli pubblicati dal settimanale Panorama nel febbraio di quell'anno. La Lehman era l'advisor del Tesoro per la privatizzazione della Seat e fu oggetto di un'istruttoria della Consob per aver scambiato sul mercato attraverso la sua società di intermediazione mobiliare circa 190 milioni di azioni Seat, pari al 3,65% del capitale complessivo, per un controvalore attorno ai 120 milioni di lire.

La Consob si chiese se tra il ruolo di advisor (quindi di un soggetto in possesso di informazioni riservate su una società) e l'attivismo di Lehman in Borsa non si potesse configurare un conflitto di interesse. Se ne occupò anche la procura di Torino. Bain Cuneo (di cui l'attuale manager di Intesa SanPaolo era partner) faceva parte assieme a Comit, Investitori Associati e De Agostini della cordata che si aggiudicò la Seat. Circostanze che hanno sollevato l'interesse di Fusco.

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