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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2011 alle ore 16:08.

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La crisi fiscale in Grecia, Irlanda e Portogallo potrebbe diffondersi ad altre parti della zona euro e dell'Europa dell'Est. Questo è il grido di allarme lanciato dal Fondo Monetario Internazionale nel suo rapporto semestrale sull'economia europea.

L'Fmi ha detto che mentre l'integrazione finanziaria ha contribuito alla formazione di debito delle amministrazioni pubbliche nei tre Paesi in crisi, l'ulteriore integrazione sarà la via per aiutare la zona euro ad affrontare i suoi problemi.

«Risposte politiche decise hanno finora fatto diga con successo all'onda del debito sovrano e alle difficoltà del settore finanziario nei Paesi periferici della zona euro, ma resta il rischio di un contagio per l'area dell'euro e per l'Europa dell'Est».

In particolare, i sistemi bancari fragili restano una minaccia per la salute finanziaria dei Governi dell'eurozona, a cui va aggiunto il problema che le banche hanno in pancia titoli di Stato dell'eurozona il cui valore in alcuni casi è diminuito (basti pensare al decennale del bond greco il cui prezzo è al 55% del valore nominale). In caso di necessità e di liquidità ci sarebbero problemi.

«Il circolo vizioso della tenuta dei bilanci pubbblici e di quelli bancari si sta rivelando difficile da spezzare», dice l'Fmi. «E ci sono preoccupazioni che i problemi del settore finanziario si possano estendere oltre la periferia della zona euro».

Ciò che peoccupa l'Fmi è la massa di debito in scadenza e che deve essere rinnovato nell'area. L'Fmi ha detto che le obbligazioni in scadenza (rollover) nel 2011 nei paesi periferici sia per i bond pubblici sia del settore bancario sono pari al 10% del Pil rispettivamente della Grecia, del Portogallo e della Spagna, e circa il doppio di quanto ammontavano nel 2007. Troppo per non creare tensioni.

«Più in generale, le pressioni della crisi nei paesi ad alto deficit hanno costretto i Governi ad assumere ulteriori rischi sul mercato dei capitali, spostandosi sul breve termine e a contare di più sui private syndication».
Il mercato fino al 2007 è rimasto cieco rispetto a questa situazione di rischio incombente. Ora invece chiede un aumento di premio e fa salire i tassi di interese che nel caso greco per il biennale hanno raggiunto il record del 26,77 per cento.

Che fare, dunque? La risposta sta in una maggiore integrazione finanziaria, in «fusioni ed aquisizioni bancarie cross-border, tra Paesi» che aiuterebbe a prevenire le crisi bancarie future. Secondo il Fondo la necessaria riduzione del numero di banche della zona euro sta procedendo troppo lentamente. «Il consolidamento sta avvenendo con cautela e se non del tutto, spesso solo all'interno dei confini nazionali».

«In molti casi, la ristrutturazione ha portato alla rifocalizzazione sul mercato interno e alle vendite di operazioni con l'estero, riducendo così l'integrazione finanziaria europea». Insomma la crisi ha portato le banche a tornare nel proprio mercato domestico.

La crescita economica naturalmente è la sola e vera risposta ai problemi di questi Paesi in crisi (ma quest'anno Grecia e Portogallo andranno ancora in recessione) e quindi la Bce di Jean-Claude Trichet non dovrebbe aumentare i propri tassi di interesse troppo rapidamente visto che l'eurozona può permettersi una politica monetaria relativamente accomodante. Ma l'inflazione resta in agguato.

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