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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2011 alle ore 14:39.

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Peter Munk (Reuters)Peter Munk (Reuters)

Peter Munk è oggi un uomo fortunato perché i paesi arabi sono in subbuglio, inflazione e debiti pubblici fanno paura, il dollaro è debole e i tassi d'interesse bassi.

La sua fortuna non è legata solo alla lezione di Warren Buffett («Con l'oro si guadagna se la gente ha paura, con l'oro si perde se la gente si sente sicura») ma anche all'amore per il paese che ha accolto la sua famiglia di origini ebree e ungheresi durante la seconda guerra mondiale. Munk è un canadese che si innervosiva quando qualcuno notava il suo accento magiaro; ha sempre ripetuto ai suoi cinque figli: voi siete canadesi. Laurea in ingegneria, come suo padre e suo nonno, diventa ricco prima dei 30 anni con la Clairtone, marchio di tv alla moda nel Nord America che fallisce nove anni dopo. Vive una seconda vita in Australia, fonda una catena di alberghi, diventa milionario, a 53 anni ha ville, yacht di lusso, aereo privato ma vuole tornare a Toronto. Per farlo trent'anni fa decide di investire nel più canadese dei settori: le materie prime. Adesso a 83 anni non contempla pensione, si definisce presidente "a vita" della Barrick Gold, 27 miniere in quattro continenti, primo produttore d'oro al mondo, materia rifugio oggi a 1.500 dollari l'oncia (contro i 265 del 2001), prezzo più alto degli ultimi 31 anni.

Nonostante le sue tante vite passate a sperimentare business diversi, Munk costruisce la sua fortuna sull'assenza del rischio: in 30 anni è andato solo due volte in miniera ma ha imparato presto e bene come funziona Wall Street. È considerato un innovatore perché ha applicato all'oro le strategie di hedging, investimenti a basso rischio grazie all'uso dei derivati. Negli anni 90, quando il prezzo è basso, la Barrick Gold vende l'oro al di sotto del prezzo di mercato.

I concorrenti non sono tanti né usano strumenti sofisticati, è in quel momento che Munk compra una miniera dietro l'altra, una delle più importanti è in Nevada, scrive il francese Le Point. È in Nevada che la strategia del rischio zero si rivela utile anche per i minatori: alla fine degli anni 90 quando il prezzo dell'oro crolla, tutte le società licenziano tranne Barrick Gold. Pochi si saranno dunque offesi per la massima di Munk: «Non c'è niente di peggio di una società mineraria gestita da minatori». L'uomo è diretto e all'antica, da filantropo dichiara: «Amo i miei figli ma ci sono cause più importanti: mi spenderò sempre più per un ospedale che per comprare una macchina più grande a mia figlia. Come George Soros e Warren Buffett credo che alla fine donerò tutto. I soldi appartengono alla società».

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