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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2011 alle ore 08:55.

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Il procuratore generale di New York, Eric T. Schneiderman, ha deciso di riaprire il fascicolo subprime per far luce sul ruolo giocato dalle banche nell'ultima grande crisi finanziaria. Secondo quanto apprende il New York Times ha richiesto informazioni e documenti a tre delle maggiori banche di Wall Street: Bank of America, Goldman Sachs e Morgan Stanley (che al momento non hanno commentato la notizia).

Schneiderman è il successore di Andrew M. Cuomo che a sua volta si era occupato del comportamento delle istituzioni finanziarie durante la bolla dei derivati subprime, esplosa a ridosso del crac di Lehman Brothers. Per il nuovo procuratore è però «inaccettabile» che i regolatori abbiano firmato il patteggiamento proposto dalle grandi banche di Wall Street di non condurre indagini ulteriori. Schneiderman punta nuovamente il dito sulle operazioni impacchettamento di mutui rischiosi (concessi alle categorie subprime, ovvero meno abbienti) cartolarizzati e successivamente collocati anche ai piccoli risparmiatori, non sempre consapevoli dell'alto rischio sottostante dell'investimento. I critici sostengono infatti che la macchina della cartolarizzazione avviata da Wall Street abbia mascherato l'esistenza di mutui rischiosi e incoraggiato prestiti sconsiderati.

La crisi, si sa, è poi scoppiata quando la Federal Reserve ha iniziato ad alzare i tassi di interesse dal 2004-2005. Di conseguenza molti subprime che avevano stipulato un mutuo a tasso variabile non sono più stati in grado di rimborsare il mutuo trasformando di default in spazzatura i titoli cartolarizzati sottostanti.

Questa nuova tornata di indagini, secondo quanto apprende il New York Times, potrebbe essere lunga e complessa, considerata la mole dei documenti richiesti dal procuratore alle tre big bank di Wall Street.

Non si conosce se l'indagine seguirà il percorso civile o penale ma quel che pare certo è che, non a caso, attingerà dalle numerose cause giudiziarie intentate da singoli investitori quanto da cordate (attraverso class action) contro gli istituti di credito che hanno collocato titoli derivati agganciati ai mutui ad alto rischio concessi negli Stati Uniti tra il 2002 e il 2004, quando i tassi volavano basso, sotto il 2% (ma erano più alti rispetto alla soglia attuale vicina allo 0 che rappresenta il minimo storico della politica monetaria della Federal Reserve, attuata proprio in reazione alla grande crisi finanziaria originata dai subprime).

Alcune cause si sono chiuse con accordi e sanzioni per gli istituti di credito, come la maxi-multa di 550 milioni di dollari comminata dalla Sec, l'autorità che vigila sui mercati finanziari americani, a Goldman Sachs. Sanzione che, però, contemplava anche l'accordo a non proseguire più nelle indagini. Accordo che non piace al nuovo procuratore di New York. Che ha così deciso di andare controcorrente e di togliere la polvere dai faldoni per riaprire l'irrisolto caso subprime.

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