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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2011 alle ore 07:48.
Gli errori da trader via internet? Sono tanti, molto più di quanto si possa pensare. «Diverse ricerche sul campo - sottolinea Enrico Maria Cervellati, docente di finanza aziendale all'università di Bologna - hanno dimostrato, per esempio, che è frequente la "patologia" dell'over-confidence: cioè, l'idea che il proprio giudizio sia migliore rispetto a quello che è in realtà».
Una falsa rappresentazione articolata su diversi fronti: in primis, l'illusione di avere maggiori conoscenze rispetto agli altri; poi di sapere di più di quello che si conosce veramente. Un mix da cui consegue un'altra finta convinzione: il riuscire a controllare maggiormente la situazione.
«Quest'ultima - dice Enrico Rubaltelli, esperto di psicologia degli investimenti dell'università di Padova- costituisce un errore tipico nel trading online. Potendo immettere l'ordine nel book e vedendo la sua operatività, l'investitore si sente dominus della situazione. Ne è gratificato e sovrastima le sue capacità». Con il che, la strategia d'investimento subisce dei contraccolpi. In particolare, si cade nell'over shooting: cioè l'eccessiva turnazione del portafoglio. Troppe operazioni d'importo minore, spinte anche dalle commissioni più basse rispetto ai canali tradizionali, che fanno perdere il focus sul rendimento. O meglio: si rischia il compiacimento per il rendimento lordo, dimenticando il peso delle fee (che, seppur minime, esistono) e delle possibili minusvalenze legate agli spread denaro-lettera.
Su questo fronte alcuni trucchetti possono servire a limitare gli i danni. «Sembrerà banale - dice Rubaltelli - ma un accorgimento essenziale è quello di contabilizzare, in un foglio excell, i costi, compresa la tassazione al 12,5 per cento. E definire, così, la propria performance netta. La creazione del database, peraltro, impedisce di cadere in un altro errore». Vale a dire? «Quello della cosiddetta visione in "retrospezione": quando commettiamo uno sbaglio, tendiamo a dimenticarlo». L'archiviazione della propria operatività aiuta a ridurre il "vizietto".
Ma non è soltanto "retrospezione". Proprio sul trading online assume una rilevanza notevole l'avversione alle perdite. Un atteggiamento, poco razionale, insito nel nostro spirito di sopravvivenza: si vuole allontanare il "dolore" che, nel mondo della finanza, è la minusvalenza. Il risultato? A fronte di un titolo in perdita, la tendenza è quella di «tenere troppo a lungo il titolo - afferma Cervellati -, con il rischio di incrementare la minusvalenza». Al contrario, se l'azione sale siamo portati ad anticipare il piacere del guadagno e «spesso usciamo dalla posizione troppo presto».
Il conundrum, insomma, non è da poco: come affrontarlo? Alcuni operatori rispondono che la strada, quasi obbligata, è quella di fissare livelli di stop-loss o di take-profit.
La scelta, però, non è così lineare. Durante una seduta ad alta volatilità, infatti, il titolo può cedere il 5% e recuperare l'8. Se il livello di perdita massima è definito troppo in "alto", giocoforza, il rimbalzo viene perduto e si contabilizza solo la minusvalenza. Al contrario, se la quota di presa del profitto è troppo elevata, e il titolo ritraccia prima, la plusvalenza rimane un miraggio.
Così come può restare un miraggio la convinzione di essere indipendenti, non influenzati dagli altri nelle strategie d'investimento. Il piccolo investitore attivo su azioni e indici, in realtà, corre spesso il rischio di deresponsabilizzarsi: si conforma, cioè, a ciò che fanno gli altri. In periodi di bull market rally, come quello prima del 2008, non è un grande problema. Ma quando i mercati crollano o, come l'attuale, sono in fase laterale i rischi aumentano. La scelta operativa, proprio perché non autonoma, può arrivare a trend finito. Con le conseguenze che possono immaginarsi.
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