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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2011 alle ore 15:10.
Ora tocca ai piccoli risparmiatori. A quella plétora di piccoli azionisti che posseggono titoli Parmalat, magari dall'altro ieri, suggestionati dalla battaglia in corso per il controllo della società alimentare, oppure cassettisti di lungo corso. Starà a tutti loro decidere nelle prossime settimane se consegnare le azioni ai francesi della Lactalis che ha lanciato l'Opa a 2,60 euro per azione sulla totalità dei titoli.
Quanti sono? L'offerta francese riguarda un miliardo e 234 milioni di azioni Parmalat. Gli altri 503 milioni di pezzi, pari al 28,97% del capitale, sono già saldamente in mano francese.
Cosa potrà accadere nei prossimi giorni e soprattutto quali sono le cose che i possessori di titoli della società sotto Opa devono guardare con attenzione? Date e tempi sono riportati nella scheda a fianco. Va detto che i passaggi regolamentari sono alle battute iniziali e devono ancora esplicitarsi. Una sola avvertenza: conviene, se si decidesse di aderire, non affrettarsi a consegnare i titoli nei primi giorni. La storia insegna che le azioni si consegnano gli ultimi giorni disponibili. Non si sa mai. C'è ancora tempo (anche se ben pochi ci credono ancora) a un lancio di una eventuale contro-Opa. E in ogni caso meglio vedere come procede l'operazione prima di fare il passo definitivo.
Opportuno aderire?
Quanto all'opportunità di aderire o meno all'offerta Lactalis i gestori hanno pochi dubbi. A queste condizioni, tenere i titoli e ritrovarsi con un azionista di controllo pressoché totalitario ha poco senso. Certo chi ha comprato di recente sull'onda della battaglia in corso non farà l'affare della vita. Il prezzo è ora bloccato a 2,6. Ma negli ultimi trenta giorni il titolo ha reso l'8 per cento. Chi però avesse comprato Parmalat anche solo un anno fa, consegnando i titoli, si ritroverebbe con una performance positiva del 30%. Non male per un investimento a rischio come quello azionario.
Festa vera, invece, sarebbe per chi è entrato sui titoli di Collecchio a fine del 2008, poco dopo la crisi Lehman. Qui il guadagno, a chiudere l'avventura durata poco più due anni e mezzo, sarebbe a doppia cifra: ben il 136%. Più dura per i cassettisti di lungo corso, che pagano la stagione della nuova Parmalat agli esordi prima che Bondi recuperasse dalle cause quel cuscinetto di liquidità da 1,4 miliardi che ora Collecchio si ritrova in cassa. Nel 2007 le quotazioni correvano sui 3 euro e nella primavera del 2006 il titolo si acquistava a 2,5 euro, poco sotto il prezzo dell'Opa odierna. Ma dal conto mancano tra l'altro i dividendi distribuiti.
Ebbene, nonostante Bondi sia stato criticato in queste settimane di eccessiva parsimonia, parte dei quattrini recuperati è tornato in modo evidente nelle tasche degli azionisti. Il monte dividendi dal 2005 assomma a ben 837 milioni di euro. Di cui 720 milioni erogati sotto forma di cedole nel triennio 2007-2009. Insomma se si guarda al rendimento totale per gli azionisti che hanno creduto in Parmalat l'offerta finale di Lactalis gli consente di uscire più che soddisfatti dall'investimento. E poi la convivenza futura con il nuovo azionista rischia di non essere poi così attraente. Non va dimenticato che l'offerta francese è tutta a debito per 3,4 miliardi. E Lactalis non naviga in un mare di liquidità, come è noto.
La preda Parmalat consente di entrare in possesso di cassa per 1,4 miliardi ed è difficile che la Parmalat francese conservi una struttura finanziaria alla Bondi. Anzi, è probabile che, una volta che il gruppo di Laval sarà saldamente in sella a Collecchio, parte del debito contratto possa essere trasferito su Parmalat. Che può sopportare, data l'elevata cassa di cui dispone, una buona dose di debiti. Ma se saranno troppi, rischiano di comprimere le possibilità future della società di Collecchio.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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