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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2011 alle ore 11:45.

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Christine Lagarde (Epa)Christine Lagarde (Epa)

Ieri si è candidata ufficialmente per prendere il posto di Dominique Strauss-Kahn, accusato di stupro a New York. Oggi Christine Lagarde, ministro delle Finanze francese, si è detta pronta a visitare la Cina, forse già domenica, per ottenere da Pechino un appoggio per la nomina a direttore generale del Fondo monetario internazionale. Intanto Obama al G8 di Deauville affronta la questione con il 35% dei voti necessari alla nomina in mano all'Europa, che si schiera compatta a favore del ministro francese, e le cinque economie emergenti (Brasile, India, Cina, Sudafrica e la Russia che fa parte del G8) che vogliono rompere la tradizione di un direttore europeo a capo del Fmi. Ma se la posizione americana resta in sospeso arriva un appoggio da un'altra donna, il segretario di Stato Hillary Clinton: «Gli Usa - ha detto al forum Ocse - non hanno ancora preso una posizione verso alcun candidato ma intanto non ufficialmente possiamo dire: benvenuta una donna, qualificata e con esperienza».

Sulla competenza insiste anche Herman van Rompuy, presidente del Consiglio europeo: «Non sosteniamo Christine Lagarde perché è europea o per fare lobby, ma per le sue qualità e capacità di leadership» ha dichiarato da Deauville. Van Rompuy ha poi invocato il «diritto alla presunzione di innocenza» sull'affaire Tapie, la vertenza giudiziaria in cui l'inquilina di Bercy rischia di restare invischiata.

Oltre alla Cina, Lagarde vorrebbe visitare anche Brasile e India. In un'intervista al Wall Street Journal il ministro francese dice che sta cercando un ampio sostegno per la sua candidatura e non solo il supporto dell'Europa. «Certamente preferisco essere l'espressione di una larga maggioranza che il candidato europeo spinto dagli europei». Un sostegno che non avrà del tutto in patria visto che il presidente Sarkozy la appoggia mentre il partito socialista francese no, come annunciato a Parigi dal portavoce Benoit Hamon.

Pechino chiede una consultazione democratica
Dal canto suo la Cina spera che la procedura di nomina del prossimo direttore generale del Fmi si basi su una «consultazione democratica» ed evita di pronunciarsi sulla candidatura del ministro Lagarde. Il ministero degli Esteri cinese ha ribadito la volontà di Pechino di vedere che si operi nella scelta del nuovo direttore del Fmi «in modo aperto, trasparente e basato sul merito. In modo che siano rappresentati meglio i mercati emergenti e che meglio si riflettano i cambiamenti della struttura economica globale». «La Cina spera che tutte le parti raggiungeranno una decisione attraverso un referendum democratico, sulla base di questi principi», ha scritto il ministero nella sua dichiarazione.

E l'India media fra i Brics
Intanto il ministro indiano delle Finanze ha detto di essere in contatto con molti ministri dei Paesi emergenti per trovare una posizione comune a sostegno di un candidato per il posto vacante di direttore generale del Fondo monetario internazionale. Ieri, il primo ministro Manmohan Singh ha invitato i Paesi emergenti a unirsi per riformare l'istituto finanziario, tradizionalmente guidato da un europeo. Cinque grandi Paesi emergenti, i membri dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) ieri hanno fatto una dichiarazione congiunta contro il dominio dell'Europa per la carica di direttore generale del Fmi. I Paesi europei detengono attualmente circa un terzo dei diritti di voto in seno al Fmi, mentre gli Stati Uniti hanno quasi il 17 per cento. I Paesi asiatici condividono circa il 20%, il resto é detenuto da altri Paesi.

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