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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2011 alle ore 06:41.

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A febbraio era stata Philogen a rinunciare alla quotazione in Borsa. Ora è accaduto di nuovo: Rhiag, società attiva nella distribuzione di componenti per automobili, ha annunciato che non sbarcherà più a Piazza Affari. Proprio ieri era l'ultimo giorno dell'Offerta pubblica di vendita e sottoscrizione delle azioni Rhiag, ma quando tutti attendevano i risultati la società ha invece annunciato la ritirata: la tiepida accoglienza degli investitori ha fatto saltare tutto. Ai prezzi proposti, da un minimo di 3,2 euro a un massimo di 3,9 euro per azione, gli investitori istituzionali erano infatti poco disposti a sottoscrivere azioni: la domanda arrivata ai coordinatori Banca Imi, Goldman Sachs e Mediobanca non è dunque stata sufficiente. Morale: mentre in America Linkedin vola del 109% nel primo giorno a Wall Street, a Piazza Affari la prima potenziale matricola dell'anno è costretta ad alzare bandiera bianca.

Il motivo ufficiale, comunicato in una nota da Rhiag, è legato alla bufera che negli ultimi tempi ha colpito le Borse europee: «Le avverse condizioni dei mercati finanziari durante il periodo di offerta – si legge – non hanno consentito un'adeguata valorizzazione della società». In effetti dall'inizio del cosiddetto pre-marketing (il 3 maggio), Piazza Affari ha perso il 7,38%. Colpa della crisi greca e, forse, anche del declassamento sulle prospettive del rating italiano deciso da Standard & Poor's. E in questo contesto non è facile andare in Borsa, soprattutto per una società di medie dimensioni come Rhiag.

Parlando con vari investitori, si capisce però che il problema non era solo questo. Ma anche – o soprattutto – il prezzo. Ai livelli proposti in offerta, Rhiag veniva complessivamente valutata tra i 326 e i 397 milioni di euro: questo significa che veniva offerta agli investitori a un valore pari a oltre 9 volte l'Ebitda 2010 e circa 7 volte l'Ebitda previsto per il 2011. I concorrenti internazionali – si legge sul prospetto – hanno multipli anche più elevati: per i collocatori, dunque, Rhiag offriva già uno sconto adeguato. Ma alcuni investitori hanno preferito guardare a concorrenti italiani: sebbene non ne esistano, i paragoni – un po' forzati – sono stati fatti con Sogefi e Brembo che hanno multipli ben più bassi. Morale: tanti fondi hanno considerato i prezzi offerti da Rhiag troppo elevati. A prescindere dalla Grecia o da Standard & Poor's: era troppo in ogni caso.

Per capire il ragionamento fatto da alcuni investitori, bisogna fare un passo indietro. Rhiag è stata oggetto due volte di acquisizioni da parte di fondi di private equity: la prima volta nel 1998, la seconda nel 2007 quando attraverso un leverage buy-out il gruppo è stato rilevato dai Fondi Alpha che tutt'ora la controllano tramite Lanchester. Questo ha avuto due conseguenze. Da un lato la società è cresciuta molto. Dall'altro ha però accumulato un cospicuo debito, che oggi è pari 232 milioni di euro (il netto consolidato): 1,52 volte superiore al patrimonio netto e 3,41 volte superiore all'Ebitda 2010. È vero che con la quotazione in Borsa, che prevedeva un minimo aumento di capitale, una porzione di debito sarebbe stata rimborsata. Ma è anche vero che questa rimane una componente di rischio per chi investe. E non era l'unica. Un'altro rischio era dato anche dal fatto che Rhiag sarebbe stato un titolo abbastanza illiquido date le sue medie dimensioni.

Ebbene: di fronte a questi rischi, sebbene Rhiag sia piaciuta come società, gli investitori hanno chiesto uno sconto sul prezzo, anche per non lasciare l'intera "torta" al fondo di private equity venditore. Ma a quel punto è stato il Fondo Alpha a non essere più interessato a vendere. Morale: la prima matricola del 2011 ha fatto marcia indietro. Come già aveva fatto Philogen a febbraio. Ora non resta che guardare alle prossime: Moncler, Ferragamo e Sea in primis. Sperando che siano loro a ridare un po' di consistenza a Piazza Affari, che attualmente ha una capitalizzazione complessiva pari al 28% del Pil italiano. Peggio anche delle Borse dello Sri Lanka, del Vietnam o di Trinidad Tobago.

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