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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2011 alle ore 07:56.

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Nella foto il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann (Reuters)Nella foto il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann (Reuters)

FRANCOFORTE - Non passa giorno senza che le autorità monetarie esortino i Governi a prendere le proprie responsabilità nella crisi greca. Dalle banche centrali non viene solo un richiamo contro un fallimento sovrano per paura di un drammatico effetto-contagio. C'è anche il desiderio di evitare all'Eurosistema di assumere nuovi rischi.

In un lungo articolo pubblicato ieri dal quotidiano Süddeutsche Zeitung, il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha avvertito: «A furia di imporre alla politica monetaria nuovi compiti operativi e nuovi rischi finanziari si mette in pericolo il suo obiettivo principale: garantire la stabilità dei prezzi».

«È importante per la politica monetaria ridurre i rischi già assunti, e assolutamente non aumentarli, in modo che la credibilità non sia messa in pericolo», ha aggiunto Weidmann, mentre si moltiplicano sulla stampa gli articoli che speculano sulla solidità della Bce, provocando non poche preoccupazioni in Germania.

Da ormai due anni l'Eurosistema sta garantendo liquidità alle banche dei Paesi in crisi. Proprio ieri, la Banca di Spagna ha annunciato che in maggio gli istituti di credito spagnoli hanno preso in prestito dalla Bce 53 miliardi di euro, con un aumento del 26% rispetto ad aprile, ma in netto calo rispetto a un picco di 130 miliardi nel luglio 2010.

Qualche giorno fa il centro-studi londinese Open Europe, critico dell'euro, ha calcolato che l'esposizione dell'Eurosistema nei confronti dei Paesi della periferia (Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Italia) sarebbe di 444 miliardi di euro, tenendo conto delle operazioni di rifinanziamento, degli acquisti delle obbligazioni pubbliche e di parte dei covered bond.

Dei 75 miliardi di obbligazioni pubbliche (greche, portoghesi e irlandesi) acquistate sui mercati circa 40 miliardi sono titoli greci. L'istituto monetario ammette che negli anni la Bce e l'Eurosistema hanno assunto nuovi rischi. Preferisce però non confermare le cifre di Open Europe e respinge l'idea che l'organismo sia diventato una bad bank.

Ha spiegato nei giorni scorsi a Francoforte un altro banchiere centrale, il membro tedesco del comitato esecutivo della Bce, Jürgen Stark: «Abbiamo organi di controllo, abbiamo rafforzato le condizioni sulle garanzie accettate nelle operazioni di rifinanziamento (incrementando le garanzie di scarto, ndr). Non siamo né ingenui, né ignoranti dei rischi».

Open Europe ha messo i 444 miliardi in relazione con il capitale dell'Eurosistema, 81,2 miliardi, senza tenere conto che le banche centrali hanno plusvalenze non realizzate che oscillano intorno ai 300 miliardi. Tra le altre cose, nel preparare il bilancio gli istituti monetari considerano per prudenza le svalutazioni, ma non le rivalutazioni del cambio.

L'ammontare delle operazioni di rifinanziamento è certamente aumentato negli ultimi anni, ma a conti fatti solo l'Irlanda e la Grecia hanno sistemi bancari per i quali i prestiti della Bce rappresentano una parte sostanziosa delle attività bancarie totali. Per la Spagna, il sostegno finanziario dell'Eurosistema è pari ad appena il 2 per cento.

Inoltre, nel caso di un'eventuale ristrutturazione di un debito sovrano le perdite della Bce verrebbero spalmate pro rata sull'intero Eurosistema. Non basta. Le perdite dipenderanno anche molto dal modo in cui il debito viene ristrutturato. Gli acquisti di titoli obbligazionari sui mercati, per esempio, sono avvenuti sotto alla pari, a un prezzo medio di 80.

A Francoforte, sia alla Bundesbank che alla Bce, c'è il desiderio di smentire le preoccupazioni sulla solidità dell'Eurosistema, ma anche di evitare che il nuovo salvataggio della Grecia, oggetto di trattative in seno all'Eurogruppo, possa nascondere per esempio nuovi impegni delle autorità monetarie nei pronti contro termine o nell'acquisto di obbligazioni.

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