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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2011 alle ore 07:56.

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Disse il Fondo monetario: le banche irlandesi «hanno prospettive positive». Era il 2006. Scrisse Standard & Poor's: Anglo Irish Bank è «un'istituzione sicura e solida». Era il 2007. E la società di consulenza Oliver Wyman, nello stesso anno, indicò la banca irlandese come istituzione finanziaria «con le migliori performance» al mondo. Sono passati pochi anni, ma Anglo Irish Bank dopo due salvataggi da parte dello stato è oggi sull'orlo del crack.

E l'intero sistema bancario irlandese è praticamente al collasso. Il 'baco' stava proprio in quelle grandiose performance delle banche: era sotto gli occhi di tutti, ma nessuno lo vedeva. Il problema è che lo stesso 'baco' ha trovato terreno fertile anche in altri Paesi europei. Il Portogallo sembra la fotocopia dell'Irlanda, anche se ancora non ha vissuto una crisi bancaria vera. La Spagna è un po' meglio, ma non più di tanto. Anche Danimarca e Gran Bretagna hanno settori bancari gonfiati.

In altri Paesi, invece, il 'baco' non è arrivato dalle banche ma dai conti pubblici: è il caso della Grecia. E, seppur in termini inferiori, di Italia e Belgio.

Per capire dove stiano i maggiori rischi, «Il Sole 24 Ore» ha avuto accesso in esclusiva ad alcuni dei dati elaborati da Bain & Company. Non si tratta di dati teorici, ma operativi: la società di consulenza ha infatti lavorato per il salvataggio di Anglo Irish Bank, di Northern Rock e di Dexia, per cui ha toccato con mano i veri problemi delle banche e degli Stati in crisi.

È riuscita dunque a capire quali siano i fattori di rischio e, andando in giro per l'Europa, ha paragonato l'Irlanda ad altri Paesi. Questi stessi dati, che parzialmente «Il Sole 24 Ore» può pubblicare, ora sono in mano a governi e banche centrali di molti Stati, a partire dal Portogallo. Governi che ora si trovano di fronte a un dilemma: salvare ancora le banche, oppure salvare i conti pubblici? La coperta, ormai, è corta.
La tana del baco: Irlanda

È il caso dell'Irlanda. Qui il problema è nato dal mercato immobiliare, cresciuto dal 2000 al 2007 ben 2,1 volte più velocemente del Pil. Nello stesso periodo le banche hanno raddoppiato l'esposizione sul settore immobiliare: il credito al settore privato è passato dal 111% del Pil del 2001 al 217% del 2008. È questo che ha ingigantito la leva: il rapporto tra portafoglio crediti e i depositi, per l'intero sistema bancario, è infatti arrivato al 215%. Troppo: si pensi che il Fondo monetario considera come limite massimo sostenibile il 110%. Dall'altra parte della medaglia, mentre le banche gonfiavano i bilanci, le famiglie gonfiavano i debiti: nel 2008 il valore delle case era così 11 volte più elevato del reddito disponibile.

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