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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2011 alle ore 09:33.

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«La Grecia deve ristrutturare ordinatamente per evitare il break up, allungando la durata dei vecchi bond, mantenendo il medesimo valore facciale e lo stesso (o un poco inferiore) tasso di interesse che oggi viaggia al 4-5%». La proposta è di Nouriel Roubini, l'economista che predisse la crisi finanziaria del 2008 e che ieri era a Milano per un incontro organizzato dal Club Ambrosetti (servizio riservato ai massimi responsabili di impresa) per un giro d'orizzonte sulla situazione economica globale.

Solo con la ristrutturazione ordinata e market friendly Atene potrà evitare il default. «La soluzione ha molti vantaggi: il valore facciale dei bond resta inalterato e per i creditori che devono riferirsi a un mark to market è un vantaggio; inoltre non c'è aumento dei tassi di interesse a livelli di mercato che per la Grecia sarebbe impossibile da sostenere (vedi il caso Argentina) poiché viaggiano oltre al 20%, e, infine, non ci sarebbe perdita perché si dilaziona la riscossione del capitale che non subisce haircut», spiega Roubini. Una posizione simile alla proposta tedesca che vuole allungare la durata del debito facendo partecipare i privati.

Ma scatterebbe comunque un credit event?
Non esattamente. La ristrutturazione con allungamento di maturity non farebbe scattare la copertura dei Cds. Questo non vuol dire che le agenzie di rating non potrebbero degradare ulteriomente il loro giudizio da CCC a default, ma come avvenne con il salvataggio dell'Uruguay, non appena si riuscì a trovare un nuovo accordo con i creditori per un riscadenziamento del debito dopo solo due settimane le agenzie riportarono il giudizio a un gradino superiore, sempre a livello di junk bond ma non più di default.

Ma la Bce si oppone e parla solo di azioni volontarie sullo stile del Vienna Initiative?
La Bce punta sulla volontarietà. Ma quando si parla di volontarietà questo significa che si va verso tassi di interesse dei bond greci al 20% perché nessuno 'volontariamente' si assume un rischio senza contropartite. Invece bisogna andare verso una soluzione ordinata, condivisa dal mercato e parzialmente coercitiva dove il debitore minaccia il default e il creditore per evitare la perdita è disposto a concedere qualcosa, ma non c'è nulla di volontario in questo processo negoziale tra le parti. Ecco perché sostengo la proposta di allungare i tempi di maturazione a tassi identici e a medesimo valore facciale. Jean-Claude Trichet, che ha lavorato al Club di Parigi, conosce molto bene la materia. Quanto al Vienna initiative non funziona perché pensare di applicare un meccanismo concepito per rinvigorire linee di credito a breve tra le banche dello stesso gruppo in paesi vicini al debito sovrano di uno stato è irrealistico e insensato.
Inoltre la Vienna initiative aprirebbe la possibilità di situazioni di arbitraggio tra banche e hedge funds.

La Grecia dunque deve ristrutturare per evitare di abbandonare l'euro e tornare alla dracma?
Non voglio dire che l'Unione monetaria si possa rompere, ma non escludo che nei prossimi cinque anni se la Grecia e il Portogallo non riusciranno a recuperare competitività e crescita e le tensioni sociali dovessero aumentare ulteriormente potrebbero ritornare alla dracma e allo scudo sull'onda di un Governo populista tornato al potere. Il problema è ritrovare la crescita e ritrovare la competitività in uno scenario dove la Bce alzerà i tassi. Questo non significa però che non servano anche le riforme strutturali per recuperare la competitività.

Più in generale come vede la situazione globale?
Ci sono molti rischi all'orizzonte: dalla crisi del Giappone caduto in double deep che ha bloccato alcune importanti catene di fornitura, alle tensioni in Medio Oriente con i riflessi sui prezzi del petrolio, alla ripresa dell'inflazione, al debito sovrano dei paesi periferici europei. Ma sostanzialmente abbiamo visto che l'economia continuerà a crescere seppur di poco ma con un grado di resistenza agli shock esterni maggiore dell'anno scorso. La crescita globale 2011 sarà al 4%, ma è la media tra un 7% dei paesi emergenti e uno scarso 2% delle economie avanzate, e questo ormai è un cambio strutturale.

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