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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2011 alle ore 08:01.

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«Mantenere i titoli già in portafoglio, che altrimenti la minusvalenza sarebbe elevata», sottolinea Luca Ramponi direttore investimenti di Aureo gestioni Sgr. «Non è certo questo - fa da eco Sergio Pigoli, capitano di lungo corso a Piazza Affari - il momento per vendere le azioni. Anche perché la Borsa è sottovalutata». Il messaggio degli esperti, insomma, è chiaro: restare calmi. Non farsi prendere dal panico sulla scia del newsflow in arrivo da Atene o dalle agenzie di rating.

«Chi possiede un rapporto rischio/rendimento medio, in questa fase - dice Ramponi - , fatto 100% l'intero portafoglio, potrebbe mantenere fino al 20% investito nell'azionario. Anche Piazza Affari, che indubbiamente soffre per il maggior peso dei finanziari, non è da fuggire. Il prezzo sugli utili del Ftse Mib, stimato sul 2011, è di 9,8 quando, storicamente, il multiplo viaggia sulla media di 12».

Certo il P/e, da solo, non è un indicatore sufficiente a definire strategie d'investimento. E ogni società, come ogni settore, costituiscono storia a sé. Tuttavia, «il fatto che il multiplo del Ftse 100 viaggi attorno a quota 10; oppure che quello del Dax sia a 10,7 rappresentano un segnale che le quotazioni della piazza milanese sono "schiacciate"».

Ciò detto, il mercato azionario resta difficile: «Non siamo di fronte - sottolinea Pigoli - ad una Borsa adatta al retail fai-da-te. Solo il trader esperto può cogliere le occasioni: il Vix, l'indice di volatilità sull'S&P500, seppur rimasto su livelli contenuti, dalla fine di maggio è cresciuto da 14 fino all'attuale 22». Un segnale di nervosimo sui listini «che ruotano attorno al baricentro degli utili aziendali ma che, giorno dopo giorno, possono salire o scendere. E che, gioforza, non vanno affrontati da chi non ha adeguata esperienza».

«In questo contesto -aggiunge Ramponi - la diversificazione, premessa essenziale in qualsiasi strategia sull'equity, è ancor più fondamentale».
Fin qui la situazione di chi è già investito, ma quale quella di chi non ha equity in portafoglio? «Se si ha un capitale da sfruttare, l'impostazione non cambia. La quota massima di portafoglio resta il 20%. Questa, poi, va divisa tra diversi mercati: un 50% sull'S&P500, ma solo se si ha possibilità di coprire l'elevato rischio-cambio tra euro e dollaro; un 30% sull'Eurostoxx 600 e il restante 20% sui mercati emergenti, esclusa l'America Latina».

Sempre, però, avendo l'accortezza di operare solo tramite gli istituzionali o consulenti indipendenti riconosciuti dalle associazioni di categoria. E con l'idea di non farsi prendere dall'affanno a ogni salita e discesa dei listini: in quel caso è meglio lasciar perdere. «Anche se - dice Pigoli - non credo all'Armaggedon finale. Le correlazioni tra stati, banche e asset finanziari sono ormai troppo elevate. Non penso che permetteranno che la Grecia si trasformi in un'altra Lehman. I costi sarebbero troppo alti per tutti».

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