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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2011 alle ore 07:53.

È la politica la principale causa del recente ampliamento dello spread tra il rendimento dei BTp e i Bund. Le agenzie di rating Moody's e S&P's, che minacciano il declassamento non solo dello stato ma anche di banche, enti pubblici, enti locali e cartolarizzazioni, hanno pesato sul differenziale, ma rafforzando un trend negativo già in atto. Se dunque la percezione del rischio-Italia sia peggiorata nell'ultimo anno e se questo peggioramento si sia esasperato nelle ultime settimane, la colpa va ricercata innanzitutto nel governo e in parlamento. Ma non solo in Italia. Prima di tutto in Grecia, poi a Bruxelles (per la cattiva gestione della crisi greca) e infine, con tendenza crescente, tra Palazzo Chigi, Montecitorio e Palazzo Madama.

Di questo ne sono sempre più convinti strategisti, analisti e traders che seguono l'andamento dei titoli di stato italiani. «La Grecia ha un ruolo dominante sul differenziale tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi», ha detto convinto un trader. Il gap BTp/Bund, che prima della crisi nel 2007 viaggiava attorno ai 20-30 centesimi e che fino all'anno scorso orbitava tra 120 e 150 centesimi, da qualche tempo segna settimanalmente livelli storici mai visti dalla nascita dell'euro, assestandosi oltre i 200 centesimi fino a quando ieri si è portato brevemente sul picco dei 223 centesimi. Il continuo aumento degli spread «è un problema enorme: con il nostro debito pubblico ogni cento punti base a regime si traducono in 16 miliardi di euro in più di deficit», ha affermato ieri il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. «La crisi greca rende le tensioni finanziarie sui mercati molto pesanti: l'Italia non è in pericolo – ha detto intervenendo all'assemblea di Federchimica a Milano - ma se rimanesse l'attuale situazione di grossa turbolenza, ne risentirebbe».

«Di rischio-Italia fino a qualche mese fa non se ne occupava proprio il mercato – ha commentato uno strategist –. Abbiamo analizzato da vicino il gap BTp-Bund e ci siamo accorti che la crisi del Governo Berlusconi dello scorso dicembre, come anche l'esito delle elezioni amministrative e dei referendum, che hanno indebolito fortemente l'esecutivo, non hanno provocato neppure un sussulto dello spread». È opinione diffusa all'estero che la politica italiana sia instabile per definizione e che alla fine quel che conta è la tenuta dei conti pubblici. «Fino a poco fa il mercato non studiava neppure più di tanto i numeri dei conti pubblici italiani, per un lungo periodo si è interessato solo alla poltrona del ministro dell'Economia, il guardiano delle finanze», ha convenuto un operatore. Se lo spread BTp-Bund è aumentato nelle ultime settimane, è dovuto principalmente all'effetto-contagio dalla crisi greca.

Di rischio-Italia di recente se ne è comunque tornato a parlare nei trading desk. A ridestare l'interesse del mercato sono state le agenzie di rating, prima l'outlook negativo di S&P's (che graverà sull'Italia per uno-due anni), poi il review negativo di Moody's, che si dovrebbe risolvere in 90 giorni: tutto d'un tratto, gli investitori sono tornati a focalizzarsi su una lunga serie di incognite sulla capacità dell'Italia di correggere e abbattere il debito/Pil ora al 120%. Come abbatterlo con una crescita che stenta all'1%? Fino a che punto un governo debole può varare una manovra da 43-45 miliardi? Il risanamento dei conti pubblici è compromesso dalle elezioni anticipate? E gli stranieri, continueranno a comprare BTp nel caso in cui la Grecia dovesse andare in default? Ed ecco allora che dal parlamento greco e la Commissione europea, le lenti del mercato si spostano su Palazzo Chigi e le aule parlamento italiano. (I.B.)

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