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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2011 alle ore 17:59.

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(Corbis)(Corbis)

Via libera definitivo della Camera alla proposta di legge bipartisan Lella Golfo-Alessia Mosca sulla parità di accesso agli organi delle società quotate e a controllo pubblico. Il provvedimento sulle quote rosa è stato approvato nello stesso testo passato al Senato nel marzo scorso. I gruppi parlamentari si sono espressi tutti a favore, ma alcuni deputati hanno votato contro a titolo personale e i radicali si sono astenuti, come già al Senato.

A due anni dalla presentazione della prima proposta di legge a prima firma Lella Golfo, parlamentare Pdl e presidente della Fondazione Bellisario, è giunto al punto d'arrivo l'iter del ddl sull'introduzione delle quote di genere nella composizione dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali delle società quotate e pubbliche.

Il testo di legge, modificato al Senato rispetto a quello approvato nel dicembre scorso alla Camera, prevede che, al primo rinnovo dopo dodici mesi dall'entrata in vigore della legge, un quinto dei posti dei board e dei collegi sindacali siano riservati al genere meno rappresentato. Al secondo e al terzo rinnovo, invece, si sale ad una quota pari ad un terzo dei membri dei cda. La sanzione per le società quotate inadempienti sarà un richiamo della Consob con tempo quattro mesi per adeguarsi. Al termine del periodo, qualora la società non avesse provveduto, è previsto un secondo richiamo della Consob e una multa pecuniaria che arriva fino a un milione per i cda. Se la quota non sarà rispettata dopo altri tre mesi il board o il collegio sindacale decadrà.

L'entrata in vigore della legge avverrà a 12 mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, quindi la prossima tornata di assemblee della primavera 2012 non è interessata dalla novità normativa, ma sarà già un'occasione per le aziende per andare verso il cambiamento che porterà alla fine dei 9 anni, termine della legge, ad avere 700 donne in più nei board rispetto ai numeri attuali e 200 nei collegi sindacali.

L'ultima tornata di rinnovi, infatti, non ha portato alcuna novità di rilievo. A una prima stima della società Aliberti Governance le donne nei board italiani sono, dopo le ultime nomine, solo il 7,2% del totale, in crescita di poco meno del 6% rispetto al +6,8% del 2010. Nei collegi sindacali, invece, si è registrata una lieve frenata: 6,9% contro il 7% del 2010. In aumento le donne fra i sindaci supplenti, salite al 16,4% dal 14,6% precedente.

Il voto di oggi in Parlamento è, quindi, davvero una svolta per le società quotate italiane e riporta il Paese al passo con quanto sta avvenendo nel resto d'Europa. In Svezia, infatti, le quote di genere sono già legge dal 2006 e due anni dopo l'obiettivo del 40% era già stato raggiunto. Nel 2007 è stata la volta della Spagna che ha fissato il target del 40% per il 2015, mentre in gennaio il parlamento francese, con il supporto anche della Confindustria locale, ha votato a favore della nuova norma che obbliga le società quotata a raggiungere dal 12% attuale il 20% entro il 2014 e il 40% entro inizio 2017.

In Germania le società del Dax30 hanno l'obiettivo di raggiungere entro il 2013 il 30%, stessa soglia cui dovrebbero arrivare "volontariamente" tutte le società tedesche quotate entro il 2018 per evitare un'imposizione per legge. In Uk, infine, il consulente del Governo Lord Davies of Abersoch ha suggerito che le società del Ftse100 arrivino al 25% di presenze femminili nei board entro il 2015 .

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