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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2011 alle ore 15:33.

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È arrivata a una svolta la ristrutturazione di Lehman Brothers Holding (Lbhi), la banca americana finita in Chapter 11 nel settembre 2008. E con essa la possibilità per gli oltre 50mila obbligazionisti italiani rimasti impigliati nel default di recuperare una parte dei loro crediti, che ammontano a diversi miliardi di dollari. Ormai sembra un dato pressoché definitivo: la prima tranche dei rimborsi partirà nel primo trimestre 2012, ma il processo di distribuzione degli asset (per circa 76 miliardi) si protrarrà per due anni fino al 2014. I risparmiatori italiani potranno contare su un tasso di recupero dei loro crediti pari al 27 per cento circa.

L'evento che ha sbloccato l'impasse sul progetto di ristrutturazione che ormai durava da oltre sei mesi è stato il nuovo piano presentato la scorsa settimana dall'amministratore Alvarez&Marsal. Il documento è il frutto di una serrata negoziazione con due fronti contrapposti di influenti creditori che minacciavano di votare contro il precedente piano varato dall'amministratore. Venerdì scorso c'è stato un passaggio cruciale: è stato depositato il documento da cui risulta che gli investitori raccolti attorno al fondo hedge Paulson e le banche d'affari alleate con Goldman Sachs hanno avallato per iscritto il piano di mediazione presentato da A&M. I due gruppi di creditori – Paulson rappresenta crediti per 19,6 miliardi di dollari soprattutto su bond, mentre Goldman Sachs per circa 20 miliardi, in particolare su contratti derivati – rinunciano quindi a sostenere i loro due piani alternativi a quello dell'amministratore di Lehman presentati nei mesi scorsi.

I creditori che hanno avallato il piano rappresentano complessivamente circa 100 miliardi di dollari di crediti, su un monte complessivo di crediti ammessi ai rimborsi da A&M pari a 362 miliardi. Tra i creditori che hanno appoggiato il piano di mediazione ci sono anche Barclays, Bnp Paribas, Credit Suisse, Deutsche Bank, Morgan Stanley, Société Générale, Royal Bank of Scotland, Elliott Management Corporation, Goldentree asset management, Knigthead capital management, Oak Tree capital management.

«Il nostro obiettivo sin dall'inizio era raggiungere un compromesso economico accettabile che ci consentisse di accelerare la procedura e garantisse il miglior risultato per i creditori – ha dichiarato l'amministratore Bryan Marsal –. Il nuovo piano raggiunge questi obiettivi».
La mediazione ha sortito effetti positivi sia per i creditori legati al fondo Paulson che alle banche guidate da Goldman Sachs. Il piano alza le prospettive di recupero per i crediti sui bond, soprattutto quelli emessi dalla controllata olandese Lehman Brothers Treasury, cui fa capo la gran parte dei bond collocati in Italia. Il tasso di rimborso sale dal 25 al 27%, una via di mezzo rispetto al 29% chiesto da Paulson. Il fatto che il fondo hedge abbia ritenuto soddisfacente questa soglia (mentre i tassi di rimborso sugli altri bond emessi negli States addirittura scendono dal 21,4 al 21,1%) fa pensare che Paulson e gli altri fondi a lui aggregati siano esposti soprattutto su Lbt. Dunque, la sua azione ha finito per avvantaggiare anche gli obbligazionisti italiani. Va detto, poi, che il piano accoglie anche le critiche che lo stesso amministratore di Lbt, che a sua volta rappresenta crediti per 34,6 miliardi, aveva avanzato: i crediti sui bond Lbt hanno avuto così un upgrade da subordinati a senior.

Guardando, invece, ai crediti su derivati – che interessano Goldman Sachs – i tassi di rimborsi sono aumentati sensibilmente: dal 22,3 al 27,9% quelli che hanno come controparte Lehman Brothers Special Financing; dal 51,9 al 55,7% quelli sui commercial paper. Un lieve aumento anche per i derivati su commodity.
«L'udienza per l'approvazione del piano da parte del tribunale si terrà il 30 agosto – spiega Raffaele Romano dello studio Sge –. Poi il 4 novembre ci sarà il voto dei creditori, ma a questo punto l'esito a favore del progetto di Alvarez&Marsal sembra scontato».

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