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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2011 alle ore 12:22.

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La guerra globale tra le valute «assolutamente non è finita». Il ministro delle Finanze brasiliano, Guido Mantega, in un'intervista al Financial Times torna all'attacco annunciando che il suo Paese sta approntando una gamma di misure aggiuntive per frenare la dannosa ascesa del real, giunto vicino ai massimi da 12 anni nei confronti del dollaro statunitense.

Per Mantega il G20 deve ancora definire le nuove linee per la gestione globale delle valute, ma ci sono ancora «lotte fra i diversi paesi» come Cina e Usa sulle misure da adottare.

La crescita lenta e il basso livello dei tassi d'interesse nei Paesi avanzati, ha spiegato il ministro, stanno continuando infatti a mettere sotto pressione la moneta brasiliana obbligando le autorità a prendere in considerazione ulteriori interventi sul mercati valutari e dei derivati.

«Abbiamo sempre nuovi messaggi da dare», ha detto a margine di una conferenza d'investitori, suggerendo che i nuovi interventi non saranno preannunciati. Già martedì la banca centrale brasiliana ha annunciato un'asta spot per acquistare dollari con un'altra mossa mirata ad aumentare le riserve in valuta del Paese sudamericano riducendo così la pressione rialzista sul real.

La spirale
Il Brasile, cosi come altre economie mondiali che in questo momento registrano elevati tassi di crescita come Cina, Turchia, Cile, Colombia e Russia, sono stretti in una spirale. Da un lato le rispettive banche centrali sono costrette ad alzare i tassi per frenare l'avanzata dell'inflazione (spinta al rialzo proprio dalla crescita dei consumi, sinonimo a sua volta di crescita economica). Dall'altro questi rialzi spingono all'insù le quotazioni delle rispettive valute riducendo la competitivà economica.

Non a caso, proprio oggi la Cina ha annunciato un nuovo aumento dei tassi di riferimento di 25 punti base.

Il Brasile, dopo una fitta e continuata serie di rialzi, ha portato il principale tasso di riferimento al 12,25 per cento. Lo scorso anno il Pil è cresciuto del 7,5%, nel 2011 è previsto a + 4 per cento.

Primo punto sul taccuino di Lagarde
Se il Brasile critica la politica monetaria delle economie avanzate (che viaggiano a tassi bassi, con gli Stati Uniti su livelli praticamente azzerati e l'Unione europea all'1,25% in attesa della decisione di domani della Bce) fra cui gli Stati Uniti, gli Stati Uniti a loro volta ne hanno contro la Cina, accusata di mantenere lo yuan su livelli eccezionalmente ribassi rispetto al valore effettivo della valuta. La Cina, dal suo canto, ha promesso maggiore flessibilità sul cambio (ma senza convincere gli alleati più di troppo). Le tensioni valutarie, di cui si è dibattuto lungamente lo scorso anno al G20 senza però che i big mondiali abbiano trovato una soluzione convincente, è un punto cruciale che dovrà affrontare Christine Lagarde, da martedì ufficialmente alla guida del Fondo monetario internazionale.

Cara Lagarde, dimenticati di essere europea (di Raghuran Rajan)



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