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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2011 alle ore 07:47.
Non è un obbligo e neanche un richiamo, ma di certo è una moral suasion quella che la Consob avrebbe manifestato nei giorni scorsi a Ligresti. Il tema è quello del valore delle azioni Fondiaria Sai iscritte nel bilancio della controllante Premafin, che si trascina da tempo e ora con la caduta rovinosa delle FonSai è ancora più attuale. Premafin nel bilancio 2010 ha svalutato le FonSai da 19,2 a 18,2 euro.
Una limatura di pochi mesi fa, quando il titolo viaggiava ancora a 6 euro. Ora (aumento di capitale di mezzo) il titolo quota 2,35 euro. E pensare che ai tempi della micro-svalutazione la stessa Premafin scriveva nel bilancio che rispetto ai valori di Borsa (6,3 euro) la partecipazione incorporava una minsuvalenza di 557 milioni.
Detta in sintesi: nel bilancio 2010 della holding dei Ligresti la quota di controllo di Fondiaria Sai vale tuttora 900 milioni, mentre il valore di mercato era di poco più di 350 milioni. Può succedere e le norme ti consentono di non svalutare dato che è una partecipazione strategica e si considera che «la perdita di valore non sia duratura».
Tutto bene e tutto lecito. Ma se la minusvalenza era di 557 milioni oggi, con il titolo a 2,35 euro, quel valore perso a livello teorico si avvicina a 800 milioni. E il patrimonio netto della capogruppo è di soli 581 milioni. Così se solo si portassero le FonSai a 6 euro (tre volte più alte del valore di Borsa) il capitale netto della capogruppo Premafin finirebbe per azzerarsi. Ovvio che Ligresti tenderà, finché sarà possibile, a tenere a bilancio nella holding quotata le FonSai a 18,2 euro, ma quel dato appare ora così irrealistico da non poter durare troppo a lungo. Telco insegna e non è neppur quotata, come lo è invece Premafin.
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