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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2011 alle ore 15:10.

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In una settimana hanno bruciato in Borsa circa 8 miliardi di euro di capitalizzazione. Il fuoco incrociato di panico, speculazione e meccanismi automatici di vendita ha affossato UniCredit del 20%, Intesa Sanpaolo del 13,5%, Montepaschi del 7%, Banco Popolare del 12% e Ubi Banca del 10%. È per questo che, secondo indiscrezioni raccolte dal Sole 24 Ore, la Consob potrebbe decidere di correre ai ripari prima che Piazza Affari riapra lunedì. I commissari dell'Autorità di vigilanza dovrebbero riunirsi già oggi, insieme al presidente Giuseppe Vegas, per decidere se agire o meno in soccorso di Piazza Affari. Potrebbero per esempio riattivare il blocco delle vendite allo scoperto (giochetto speculativo di chi vende senza possedere i titoli): i banchieri chiedono da giorni un intervento di questo tipo, ma sembra che alcuni commissari Consob siano contrari. Per questo, secondo indiscrezioni, la scorsa settimana il divieto non è stato adottato. La Consob potrebbe decidere di prendere altre decisioni, per esempio chiedendo più trasparenza a chi ha posizioni "corte" (in vendita). Una cosa è certa: i nervi sono tesi. Purtroppo le armi delle Autorità di vigilanza sono, in fondo, sono spuntate.

Il vortice
Il problema sta nelle vendite (non solo allo scoperto) sui mercati. Innanzitutto sui titoli di Stato, che in una settimana hanno aumentato lo spread sui Bund tedeschi (cioè la forbice di rendimento) di 0,60 punti percentuali arrivando a 2,44 punti. E poi sulle banche italiane. Oltre alla capitalizzazione bruciata, quello che colpisce sono i volumi di scambi: per UniCredit, la più tartassata, negli ultimi tre giorni sono stati doppi rispetto alla media dell'ultimo mese. È ovvio che questo vortice di vendite non colpisce le banche italiane perché abbiano problemi specifici, ma solo per il fatto che sono italiane. Il ragionamento di chi vende è semplice: più aumenta lo spread tra BTp e Bund, più il costo dei finanziamenti aumenta per gli istituti italiani (altro servizio in pagina), più gli utili previsti per il 2011 e il 2012 diminuiscono. Morale: le azioni vengono vendute. Il meccanismo è questo.
Quello che bisogna capire, però, è se in queste ondate di vendite – del tutto razionali e motivate – non ci sia anche qualche speculatore che, per profitto personale, manipola il mercato. La Consob è già in campo per capire se, insieme alle normali vendite, questa settimana ci sia stata qualche manipolazione di mercato (che costituirebbe un reato). Qualcuno non esclude che prima o poi anche la Procura di Milano potrebbe accendere un faro, ma allo stato attuale non pare sia arrivata alcuna denuncia e nessun'indagine risulta partita. Del resto senza una denuncia o senza un dossier trasmesso dalla Consob, per una Procura è difficile aprire un'inchiesta. In ogni caso non sarà facile, neppure per la Consob, capire se qualcuno ha commesso reati: le Autorità dovranno separare le vendite "genuine", quelle automatiche dei computer (ma altrettanto lecite) da eventuali manipolazioni.

Il salvagente
Nel frattempo, prima di scoprire se qualcuno ha venduto "dolosamente", la Consob potrebbe decidere di mettere un argine alle vendite allo scoperto: quelle effettuate senza avere i titoli a disposizione. La decisione non sarà semplice, per due motivi: da un lato perché alcuni commissari Consob sembrano contrari, dall'altro perché in passato – dopo il crack di Lehman Brothers – il divieto non ha raggiunto grandi risultati. Per i grandi investitori esistono infatti molte strategie per aggirare il blocco delle vendite allo scoperto, usando per esempio derivati. Già oggi si potrebbero riunire i commissari, per studiare la situazione. Lunedì, all'apertura dei mercati, sapremo se a Piazza Affari è stato eretto un argine.
My. L.

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